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Banca Etruria, la Boschi: "Non mi dimetto, non ho favorito mio padre"

Maria Elena Boschi

ROMA. "Non mi dimetto. Le opposizioni sono  due anni che ripetono la stessa cosa, ribadisco quanto detto in  Parlamento due anni fa, non ho mentito. Non c'è stato nessun  favoritismo nei confronti di mio padre o della mia famiglia». Lo  afferma la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria  Elena Boschi a «Otto e mezzo», su La7.

Con «l'alibi» di Etruria «non si cerca la verità, non mi sembra giusto che non si parli dei veri problemi del sistema bancario italiano. Incluso mio padre, chi ha sbagliato paga», ha continuato la Boschi.

Nell’era del caso Weinstein, punge il presidente Consob Giuseppe Vegas su un tasto delicatissimo: «Vegas, il 29 maggio 2014, mi chiese in modo inusuale un incontro a casa sua alle 8 di mattina e io risposi che dovevamo vederci in Consob o al ministero», è il «jolly» che Boschi decide di giocarsi in tv, a Otto e mezzo, programma al quale chiede un confronto con il «grande accusatore» Marco Travaglio.

Già in commissione banche, tuttavia, Franco Vazio del Pd aveva «preparato il terreno», domandando ripetutamente a Vegas se avesse chiesto alla sottosegretaria alla presidenza del Consiglio un incontro non in Consob. «Non ricordo», è stata la risposta di Vegas. Ma Boschi, in serata, sembra volerlo inchiodare: «Ho un sms», afferma, usando l’argomento del "machismo" anche per attaccare il direttore de Il Fatto Quotidiano: «Se fossi stata uomo non avrebbe trattata così».

Lo scontro con Travaglio è teso. Il giornalista ribadisce più volte che un ministro, peraltro delle Riforme, «non ha alcuna titolarità» a parlare di banche con «il presidente di un authority indipendente». E poi, attacca Travaglio, «ogni volta che Boschi parlava di banche era di Etruria...».

«Lei mi odia, ciò che dice è assurdo», controreplica la sottosegretaria renziana parlando di «accanimento» contro di lei, diventata «un alibi per non cercare la verità sul sistema bancario». E su un punto, quel resoconto stenografico del 18 dicembre 2015 (quando fu respinta la sfiducia nei suoi confronti) Boschi e Travaglio vanno allo scontro continuo: il secondo parla di bugia politica mentre l’esponente Pd, in una sorta di litania, ripete che da parte sua non c'è stata «alcuna pressione, alcun favoritismo, nei confronti di mio padre o della mia famiglia».

La difesa della sottosegretaria, in realtà, comincia a poco più di un’ora dopo le «rivelazioni» di Vegas in commissione. "Confermo quanto detto in Parlamento, non ho mentito», sono le parole di Boschi mentre sinistra, M5S e Lega chiedono le dimissioni accusandola di aver mentito in Aula. «Se un ministro parla con il presidente della Consob, nominato dal governo, non esercita una pressione esplicita, gli basta essere un ministro in carica», afferma Travaglio traducendo le accuse delle opposizioni.

«Mettere insieme Vicenza e Arezzo si sarebbe rilevato fallimentare, è vero ho espresso preoccupazioni su quell'operazione ma non ho sbagliato» ribatte Boschi ammettendo di aver parlato di Etruria anche con l’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni e mettendo in campo, così, quasi una difesa preventiva alla possibile bufera che innescherà l'audizione del banchiere.

Il nervosismo, nel «salotto» della Gruber, fiocca. Boschi annuncia che chiederà un risarcimento danni a Travaglio per "queste bugie, Lei ha detto che io ho interferito nell’azione di Consob». Travaglio ricorda che Boschi, ai tempi dell’affaire Ligresti che coinvolse il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, Boschi sottolineava l’opportunità delle dimissioni del titolare del Viminale.

«Ma non quando la cosa le riguarda», ironizza il direttore del Fatto, al quale Boschi ricorda, velenosamente, «di aver fatto i soldi andando nei teatri italiani con un’attrice poco vestita, che scimmiottava» l’ex ministro. E Boschi annuncia querela anche nei confronti di Luigi Di Maio che la definiva la «Mario Chiesa della Seconda Repubblica» tracciando un paragone tra Tangentopoli e la "Bancopoli» odierna.

Il tono dell’ex ministro si fa invece meno aggressivo quando si parla degli effetti del caso Etruria sul Pd. «E' il partito che decide se e dove candidarmi», chiarisce Boschi smentendo la volontà del Nazareno quasi di «nasconderla» nel collegio di Ercolano. «Io spero di essere candidata in Toscana, alla Camera», afferma Boschi che, sull'eventuale fine del sostegno di Matteo Renzi, sottolinea: «E' giusto valutarmi per il valore che ho fatto, per esempio alle pari opportunità. E anche oggi il Pd ha dimostrato di cercare la verità nei fatti».

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