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Gabrielli: "La corruzione è come la mafia: va cambiato il reato"

ROMA. «Dobbiamo convincerci tutti che la corruzione è l’incubatrice delle mafie. E invece vedo un atteggiamento da scampato pericolo nei confronti della sentenza sul Mondo di Mezzo». Lo afferma al Messaggero, Franco Gabrielli, capo della Polizia, sull'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso contestata ai principali imputati di Mafia Capitale.

«Dal mio punto di vista - spiega Gabrielli -, l’accusa da cui muove questa inchiesta rappresenta una sorta di interpretazione avanzata del rapporto tra la corruzione e la mafia. Leggeremo le motivazioni della sentenza per vedere se questa interpretazione è troppo avanzata: ma se viene considerata troppo avanzata, a questo punto questa inchiesta interroga il legislatore».

«Credo che se non ci sono le condizioni affinché un giudice - nella sua legittima autonomia - non aderisca a questa interpretazione avanzata delle procura di Roma - osserva -, vada cambiato lo schema legale del 416 bis. Se la sentenza non coglie la modernità dell’impostazione dell’ accusa e la correlazione tra corruzione e mafia, bisogna rimodellare la formulazione del reato di 416 bis».

«Mi auguro - dice ancora Gabrielli - che il prossimo Parlamento, qualunque maggioranza esprimerà, metta tra i primi punti dell’ordine del giorno la lotta vera e senza quartiere alla corruzione».

«Nessuno - sottolinea - è così ingenuo da pensare che la corruzione sparirà. Io sono dell’idea che non sparirà la corruzione come non spariranno le altre forme criminali, perché attengono al profilo degli essere umani. La sfida è far si che i fenomeni patologici siano relegati ad una eccezionalità e non ad una disarmante fisiologia. La strada più indicata, secondo me, è quella di arrivare all’emissione di pene severe, come quelle stabilite dal tribunale di Roma per il Mondo di Mezzo, e soprattutto pene certe».

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