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Legge elettorale, in Aula il 27 febbraio. Renzi: patto o voto a giugno

Matteo Renzi in una recente immagine d'archivio - Ansa

ROMA. La legge elettorale approderà nell'Aula della Camera il 27 febbraio, ammesso che la Commissione Affari costituzionali ne abbia concluso l'esame. E se ciò avverrà il regolamento della Camera consentirà il contingentamento dei tempi dall'1 marzo, con una rapida approvazione.

Questo in sostanza si può tradurre con il pressing del segretario del Pd per raggiungere un patto blindato sulla legge elettorale da portare in Aula il 27 febbraio. In caso contrario, nel progetto dell'ex premier rimane il voto a giugno senza modificare di una virgola la legge uscita dalla Consulta.

La decisione presa dalla Conferenza dei capigruppo sul possibile approdo in Aula il 27 febbraio della legge elettorale ha avuto l'appoggio da Pd, M5s, Lega e Fdi, il partito trasversale del voto. Mentre Fi, Ap, Sinistra italiana erano decisamente contrari.

L'accelerazione consentirà al Pd di portare avanti la propria strategia: verificare rapidamente se c'è la possibilità di un accordo blindato sulla legge elettorale, e in caso contrario di lasciar cadere il confronto per andare alle urne entro giugno con i due sistemi per Camera e Senato usciti dalle due sentenze della Corte Costituzinale. In mattinata M5s, con Federica Dieni, ha chiesto alla Commissione Affari costituzionali di incardinare la legge elettorale.

Propriamente i pentastellati hanno chiesto non di aprire la discussione, bensì che tutti gli altri partiti votino a scatola chiusa la loro proposta, che mira a portare anche al Senato il sistema della Camera. Il tutto richiederebbe «solo tre giorni di lavoro».

Insomma, un modo per farsi dire di no, anche se l'idea di applicare anche al Senato l'Italicum, con alcuni ritocchi è sostenuta anche da Ap, altri alleati dl Pd, nonchè da esponenti dello stesso Pd: e il ritocco consisterebbe nel prevedere il premio alla coalizione e non alla lista. La richiesta è stata ripetuta alla Conferenza dei capigruppo e qui il capigruppo del Pd, Ettore Rosato, ha appoggiato la richiesta, assieme a Lega e Fdi. La decisione è stata dunque quella di fissare nel 27 febbraio la data in cui iniziare in Aula l'esame, «ove la Commissione abbia concluso i lavori».

La decisione in casa Dem è stata presa con il via libera di Renzi, che rimane comunque assai scettico sulla effettiva possibilità di un accordo: ma ha accolto il suggerimento di Matteo Orfini, Dario Franceschini e Andrea Orlando di fare un tentativo, almeno per rispetto al presidente Sergio Matterella, che chiede di rendere omogenei i sistemi di Camera e Senato.

Il Pd proverà dunque nei prossimi giorni (più probabilmente dopo l'arrivo delle motivazioni della sentenza della Consulta, verso il 10 febbraio) di stringere un accordo blindato tra i partiti, da portare poi in Commissione e in Aula. Qui il contingentamento dei tempi aiuterebbe questo intento. Anche se l'atteggiamento intransigente di M5s e l'ostilità di Fi al voto anticipato rendono stretto il percorso.

La corsa al voto a giugno vede contrari non solo Fi, SI, Ap e gli altri partiti che sostengono il governo, ma anche diversi parlamentari del Pd (che però chiedono l'anonimato). Come ha osservato il segretario del Psi Riccardo Nencini, «la corsa alle elezioni senza la certezza di una legge elettorale e soprattutto senza un progetto per l'Italia condiviso da una coalizione riformista non è la strada maestra».

A preoccupare è non solo la mancanza della previsione della coalizione nella legge elettorale della Camera, ma che al momento non ci sia proprio un progetto politico chiaro su cui chiedere il consenso. Renzi, sul proprio blog, ha scritto che occorre privilegiare «le idee» rispetto al dibattito sul sistema elettorale, ma al momento non ha fatto passi per avviare una elaborazione del programma elettorale. Ma forse essa prenderà l'abbrivio a seconda dell'esito del confronto proprio sulla legge elettorale.

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