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Conto alla rovescia per il voto, ma Grillo teme i casi Roma e Palermo

ROMA. Tre deputati e un'attivista sospesi dal Movimento per l'affaire delle firme false a Palermo, la rissa in Campidoglio scatenata dalla mozione M5s contro la riforma costituzionale, il gelo tra il Campidoglio e il Vaticano a conclusione del Giubileo: per il M5s il traguardo verso il voto referendario, centrale nella battaglia del Movimento anche in un'ottica di ambizioni di governo, è di giorno in giorno sempre più irto di ostacoli.

E in molti temono che le vicende interne ai 5 Stelle possano danneggiare il fronte del No.  Ma è l'accelerazione sulla vicenda siciliana che più preoccupa il Movimento che già aveva a stento digerito una tregua forzata sulla spaccatura dei parlamentari rispetto alle vicende capitoline. Luigi Di Maio prova a stemperare gli animi: «Quello che abbiamo fatto noi è una cosa che non fanno gli altri. Negli altri partiti gli indagati o i condannati per le firme false fanno carriera», ricorda. Ma il gruppo parlamentare è in  fermento e sulle chat interne volano stracci. Il rifiuto di Riccardo Nuti, Claudia Mannino, Giulia Di Vita e Samantha Busalacchi di farsi interrogare dai magistrati è stata infatti la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo: una sfida a Beppe Grillo e a tutto il Movimento che non poteva che avere un esito scontato. Ed, evidentemente, premeditato.

La sospensione cautelare irrogata dai probiviri ai 4 pentastellati nella tarda serata di ieri è stata quindi una scelta quasi obbligata ma non indolore.  Non tutti i parlamentari, infatti, sono convinti che fosse questa la strada da seguire ed avrebbero preferito attendere l'esito delle indagini. Anche perchè in molti sospettano che lo scandalo delle firme false possa in realtà essere il frutto di una campagna denigratoria contro il gruppo palermitano che ruota attorno a Riccardo Nuti che sarebbe quindi vittima di un attacco. In ogni caso la fine delle indagini servirà per capire se scatteranno o meno le espulsioni per i 5 Stelle sospesi. Le nuove procedure disciplinari prevedono che i 'sospesì abbiano 10 giorni per ricorrere contro la decisione dei probiviri. C'è poi il problema della permanenza dei deputati sospesi dal gruppo parlamentare. Lo statuto del Gruppo alla Camera lo prevede («su proposta di un quinto dei componenti del Gruppo Parlamentare»), anche se richiede che la sospensione venga decisa a maggioranza assoluta.

I tre parlamentari per il momento continuano a tacere. L'unica che ha fatto filtrare qualcosa è stata Giulia Di Vita che via Fb ha assicurato che «si chiarirà tutto spero presto» e nega «nella maniera più assoluta» di essere colpevole.  A Roma, intanto, il M5s scatena il putiferio in Campidoglio per una mozione sul No al referendum mentre la sindaca Virginia Raggi riceve, in occasione di un convegno, la visita di Luigi Di Maio. I due esponenti si intrattengono anche a parlare: potrebbe essere un segnale di definitivo disgelo dopo gli attriti di questa estate. Cosa che tornerà utile alla sindaca subito dopo il voto quando potrebbe riaccendersi la battaglia, per ora tenuta in sordina, del gruppo parlamentare che l'avversa.

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