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Berlusconi vuol unire il centrodestra sul No. Salvini: il leader sono io

Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini

ROMA. C'è un filo rosso che unisce l'intervista in tv di ieri, il rientro serale a Roma dopo 4 mesi di assenza e il vertice con Lega e Fdi: la volontà di Silvio Berlusconi di ricompattare il centrodestra sul No e, allo stesso tempo, rimandare la grande questione della leadership al giorno successivo al voto.

Perchè è nel post-referendum, a dispetto del suo esito, che Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni continuano a restare distanti: sull'opportunità di andare subito alle urne (come caldeggiano gli ultimi due) ma anche su una possibile fuga in avanti della Lega, che potrebbe incidere anche in FI. Con un'ombra, infine, che si staglia all'orizzonte: quella del processo Ruby Ter, che vedrà l'ex premier in udienza preliminare il 15 dicembre.

Berlusconi, a Roma, vede infatti Gianni Letta e Niccolò Ghedini ed è difficile che, nei loro discorsi, non abbia avuto spazio il rinvio a giudizio sancito oggi per 23 imputati del processo Ruby Ter, inclusa Maria Rosaria Rossi. Con la posizione dell'ex premier ancora da definire visto che, il 3 ottobre, l'udienza di Berlusconi dal gup è stata rinviata per motivi di salute. È invece sulle ultime settimane di campagna che si è concentrato il vertice tra Berlusconi, Salvini e Meloni.

Un vertice organizzato quasi in segreto, al quale è seguito un lungo comunicato in cui i tre leader definiscono il referendum un «test politico» per il premier Matteo Renzi, annunciano la volontà di lanciare una fase costituente basata sull'assioma del presidenzialismo e si impegnano ad una campagna coordinata sul territorio.

Campagna che - sulla scia dell'iniziativa dello scorso luglio di Meloni - potrebbe vedere in prima fila sindaci e amministratori locali proprio per non focalizzare la battaglia tra Si e No su uno scontro generazionale. Di certo, il blitz prima televisivo e poi capitolino dell'ex Cavaliere serve per fare chiarezza anche sulla sua posizione per il NO.

Una posizione su cui Lega e Fdi nutrivano non pochi dubbi tanto da considerare il vertice di oggi in un certo senso dovuto e anche tardivo. Ma è anche al giorno successivo al voto che l'ex premier guarda in chiave centrodestra, tentando di dilazionare qualsiasi Opa leghista e di prendere le misure da un eventuale strappo di Salvini. Strappo che potrebbe trascinar con sè più di un azzurro filo-leghista.

E non è un caso che, poco prima del vertice, il leader leghista metta via radio i suoi paletti sulla leadership: «i dati dicono che la Lega è il primo movimento del centrodestra, quindi il Segretario della Lega sarebbe in questo momento il candidato del centrodestra, Berlusconi ne prenda atto», è il suo aut-aut.

Il vertice di oggi ha infine la sua eco anche nel centrodestra più moderato. Adombrando, almeno temporaneamente, la parabola di uno Stefano Parisi ben poco gradito alla Lega e suscitando la netta reazione dei moderati per il Sì: «Berlusconi non abdichi agli anti-euro e agli anti-Nato», sottolinea di Enrico Zanetti. Anche perchè una campagna per il No - sebbene non in primissima fila - di Berlusconi avrà una qualche incidenza sul voto: «vale il 4%» spiegava oggi, a Montecitorio, Renato Brunetta a Pier Luigi Bersani.

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