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Berlusconi: "Siamo per il No, vinceremo e poi si andrà a votare"

ROMA. Il rinvio del vertice con Salvini e Meloni ed i dubbi sempre più insistenti di un suo disimpegno  dalla campagna elettorale per il no al referendum, costringono Silvio Berlusconi a rompere il silenzio per ribadire «la  determinazione e la convinzione nella battaglia per no». In un  lungo messaggio inviato alla festa azzurra in corso nella  provincia di Bari l'ex premier prova a rassicurare quanti nel  suo partito (ma anche gli alleati di Lega e Fdi) non nascondo  perplessità sulla sua volontà di 'metterci la faccia.

Il  Cavaliere ribadisce di essere contrario al ddl Boschi, annuncia  che il centrodestra presenterà un proprio pacchetto di riforme  che hanno come perno il presidenzialismo, ma soprattutto invia  un messaggio di sfratto a palazzo Chigi: «In caso di bocciatura  del referendum Renzi dovrà trarre le conseguenze del fallimento  di un progetto al quale ha legato la sua intera azione  politica». Berlusconi parla di «svolta» che porterà non  «all'ingovernabilità ma ad un governo eletto dai cittadini».  Parole a cui replica il fedelissimo di Renzi Luca Lotti che lo  sfida ad un confronto: «Dice che siamo davanti ad una dittatura?  Fantastico, accetti un confronto tv». Il progetto dell'ex capo  del governo si scontra poi con gli obiettivi di un altro 'pezzò  di centrodestra, convinto non solo che le riforme vadano  approvate ma che in caso di sconfitta il governo deve andare  avanti. Capofila nel blindare l'esecutivo è il ministro  dell'Interno Angelino Alfano: «Se vince il no questo governo non  cade, e mi sembra anche giusto», spiega il leader di Ncd.

Ma Alfano non è l'unico ex plenipotenziario del «vecchio» Pdl  a lavorare per la riuscita del referendum e per rimettere  insieme l'area di centro a sostegno del governo. Un obiettivo, a  cui starebbe lavorando da tempo(secondo rumors sempre più forti)  Denis Verdini. L'attivismo dell'ex braccio destro del Cavaliere  ha portato alla nascita di un unico gruppo in Parlamento con  Enrico Zanetti di Scelta Civica e l'obiettivo dopo il referendum  sarebbe l'ingresso ufficiale nel governo. Oggi Verdini era ad  un'iniziativa pro referendum con Giuliano Urbani e Marcello  Pera, due esponenti della prima ora del Popolo della Libertà  schierati a sostegno del referendum.     Sul versante opposto invece il resto del centrodestra. A  Milano dove Fratelli d'Italia ha organizzato tre giorni di  kermesse a sostegno del no al referendum: la richiesta di  dimissioni dell'esecutivo in caso di vittoria del no è stato il  leit motiv di tutti quelli che si sono alternati sul palco.  Schierarsi contro le riforme è poi, a detta della leader di  Fratelli d'Italia Giorgia Meloni «il vero banco di prova per il  centrodestra».

Ma Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia non sono gli unici  ad essersi mobilitati questo fine settimana. In giro per  l'Italia a sostegno delle ragioni del sì sono mobilitati anche  diversi big del Partito Democratico. Il presidente dei senatori  Dem Lugi Zanda, in un incontro pubblico a Nuoro ha approfittato  per sottolineare l'importanza di sostenere le riforme e  «rafforzare la nostra democrazia. L'Italia ha bisogno di una  democrazia più efficace, più forte, in grado di assumere  decisioni su questioni cruciali».

Pier Ferdinando Casini punta  il dito su chi in Parlamento ha sostenuto il ddl Boschi ed ora è contrario: «Gran parte di coloro che si oppongono alla riforma  costituzionale l'hanno votata in Parlamento. Questa è la  dimostrazione migliore del fatto che il tema non è il merito  delle riforme, ma il tentativo di andare contro Renzi e contro  il Governo».    Un ragionamento che fa anche il ministro delle Infrastrutture  Graziano Delrio. In un'intervista al Corriere della Sera, Delrio  suona un campanello d'allarme mettendo in guardia i Dem: «Fa  tremare i polsi l'idea che non troviamo un'intesa. Vorrei  trasmettere agli amici della minoranza del Pd il grido che  arriva dai territori. Bisogna abbassare i toni, anche nella  maggioranza, e trovare un'intesa. Perchè se non si trova, un No  al referendum può mettere a rischio l'unità del partito».   Ancora più netto Dario Franceschini« »Se qualcuno vuole sfidare  Matteo Renzi lo sfidi al congresso, se lo si vuole sfidare dal  punto di vista politico ci saranno le elezioni«.

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