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Il Pd tratta su Italicum, D'Alema: sul referendum clima intimidatorio

Massimo D'Alema - Fonte Ansa

ROMA. Un estremo tentativo di 'pace’ nel Pd si farà. Gianni Cuperlo rappresenterà la minoranza nella commissione del partito che sonderà gli spazi per cambiare l'Italicum e provare a far rientrare il No della sinistra Dem al referendum. Il percorso è minato: Pier Luigi Bersani professa «scetticismo» sulle possibilità di un accordo. Ma Matteo Renzi giudica positivo l'impegno di Cuperlo: almeno il suo No, notano i renziani, alla fine potrebbe diventare Sì. Il clima però è avvelenato. E Massimo D'Alema, nel rilanciare la sua campagna contro il referendum, lancia accuse pesantissime: i sostenitori del Sì usano toni «minacciosi» in un clima di «intimidazione».

Mancano sette settimane al voto, eppure già c'è aria da resa dei conti finale. Perciò decide intervenire il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con un appello ad abbassare il tenore dello scontro: il confronto deve essere sul merito, «composto» e «rispettoso». Prima e dopo il referendum, dichiara il capo dello Stato parlando ai sindaci d'Italia a Bari, è «necessario il contributo di tutti, sereno e reciprocamente rispettoso. Rispettoso del libero convincimento degli elettori».

La campagna elettorale fa irruzione anche nell'Aula della Camera, dove Renzi è impegnato nelle comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Il Movimento 5 Stelle evoca una «dittatura 2.0» e Renato Brunetta accusa il premier di fare «carne di porco della democrazia». E la risposta è indignata: «Potete pensarla come vi pare sul referendum ma non vi permettiamo di insultare l'Italia. Abbiate rispetto - tuona Renzi - della libertà e democrazia del Paese che si chiama Italia, nonostante voi». Nel pomeriggio però il leader Pd deve incassare accuse ancor più pesanti da un esponente del suo partito come D'Alema. L'ex premier riunisce un composito fronte del No, lancia la sua proposta di riforma alternativa e accusa: «Esiste un blocco del Sì, sostenuto dai poteri forti. Uno schieramento minaccioso, da cui capita di subire insulti», in un clima di «paura».

In platea c'è anche Davide Zoggia, deputato bersaniano. Ma Gianni Cuperlo si tiene distante e si dissocia dalle parole di D'Alema. E la maggioranza Pd insorge: l'ex premier «alza il livello polemico per evitare il confronto nel merito», attacca Andrea Marcucci. E Matteo Orfini sibila: «Lui riunisce Rodotà e Gasparri, Ingroia e Fini. E poi accusa noi di fare il partito della nazione».

In Parlamento intanto, mentre la maggioranza al Senato conquista - sul Def - il voto dei due ex Sel Dario Stefano e Luciano Uras, prende il via l'ultimo tentativo di trovare un accordo dentro il Pd che recuperi al Sì la minoranza Dem. La prossima settimana inizierà a lavorare la commissione proposta da Renzi (i componenti: Lorenzo Guerini, Ettore Rosato, Luigi Zanda, Orfini e, per la minoranza, Cuperlo) per cercare un accordo sulle modifiche all'Italicum. Bersani professa «cautela e scetticismo».

«La cautela è ragionevole ma il tentativo è serio», dichiara con accento diverso Cuperlo. Mentre è ancora da definire il metodo di lavoro, Renzi dà alla commissione il mandato di 'consultarè gli altri partiti e poi proporre correzioni concordate, da realizzare dopo il referendum. Se si raggiunge un accordo e una proposta politica già prima, spiegano i renziani, non sarà il premier a opporsi. Anche perchè a Cuperlo e a un pezzo della sinistra Pd questo potrebbe bastare. Chiedono di più e sembrano difficilmente accontentabili, invece, i bersaniani.

Due le loro condizioni: scrivere una nuova legge elettorale con abolizione del ballottaggio, collegi uninominali medio-piccoli, premio di maggioranza proporzionato; portare il testo alla Camera prima del 4 dicembre. Impossibile, replicano i renziani, anche perchè FI e M5s ribadiscono che non intendono sedersi al tavolo delle modifiche prima del referendum. Se i bersaniani continueranno ad alzare l'asticella e ad alimentare il 'tormentonè della legge elettorale, però, a un certo punto non si potrà che prenderne atto: «La mia apertura è massima. Se non si fidano, votino no», ripete Renzi. In due settimane, replica Cuperlo, si capirà l'esito.

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