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Berlusconi: Renzi occasione persa e Grillo ripete le parole di Hitler

Renzi, afferma il leader di Forza Italia, "somiglia più a Ciriaco De Mita che ad Aldo Moro"

ROMA. «Sento dire spesso che Renzi si ispirerebbe in qualche modo a Forza Italia. Se questo è vero, allora devo dire che l'imitazione non gli è riuscita bene»: niente in comune se non la consapevolezza di dover cambiare «il vecchio linguaggio della politica», solo che poi ha scelto la strada «delle battute, dell'arroganza, degli annunci».

Quanto a Grillo, dire che ripete «molte parole d'ordine di Adolf Hitler, non era affatto un'esagerazione polemica, era una constatazione tecnica». Questo il quadro politico, secondo Silvio Berlusconi, in una lunga intervista al Foglio per il 20esimo del quotidiano.

Renzi, afferma il leader di Forza Italia, «somiglia più a Ciriaco De Mita che ad Aldo Moro. La sua è la versione 2.0 della vecchia teoria enunciata nel 'Gattopardo'». «Mai pensato al patto del Nazareno» come preludio a  un'aggregazione di moderati: l'idea «era solo quella di lavorare insieme per modernizzare il paese attraverso riforme condivise. Purtroppo, ci siamo resi conto che ci avevamo creduto solo noi».

Berlusconi, nel suo 'ventennnio' «dolceamaro», rivendica il «merito» di aver tolto dalla scena «la sinistra post comunista», di aver riunito «la maggioranza naturale degli italiani» intorno a «un centrodestra di governo», di aver fatto scoprire «il bipolarismo e l'alternanza di governo, sia pure imperfetta» e i «valori liberali».

Di contro «c'è sempre una magistratura di sinistra che condiziona pesantemente la politica, c'è il livello della tassazione, già altissimo e cresciuto ancora». «In questi vent'anni - dice - io ho una colpa della quale non mi do pace: non sono riuscito a convincere gli italiani a darmi il 51 per cento dei voti». Come sarebbe stata l'Italia con Berlusconi presidente della Repubblica? «Non ho mai aspirato al Quirinale - risponde -. Sono consapevole dell'importanza dell'arbitro e ne ho grande rispetto, ma io sono un giocatore in campo, attaccante, non un arbitro».

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