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Cinque giorni per gesti osceni: sospesi i senatori D'Anna e Barani

ROMA. Cinque giorni di sospensione dai lavori dell' Aula per i senatori del gruppo Ala (Alleanza Liberal Popolare Autonomie) Lucio Barani e Vincenzo D'Anna accusati di aver rivolto gesti «sessisti» alla parlamentare del M5S Barbara Lezzi. Arriva così, dopo oltre 4 ore di riunione, la decisione del Consiglio di presidenza del Senato per i disordini che si sono verificati nell'Aula del Senato lo scorso 1 ottobre. Ma è una decisione, presa comunque all'unanimità dal Consiglio di presidenza, che lascia molti con l'amaro in bocca.

Prima di tutto, viene criticata dai 5 stelle che vengono sanzionati anche loro: un giorno di espulsione per Alberto Airola e una censura per il portavoce Gianluca Castaldi. Poi, contestano il verdetto i diretti interessati: Barani e D'Anna che, dopo aver ammesso in un primo momento di aver fatto il gesto in Aula («È stato però male interpretato»), si lamentano in una nota che non esistono prove contro di loro e che il «degrado che c'è in Aula» è «tutta colpa della presidenza». E punta il dito contro la decisione del Consiglio anche la Lega. Anche ai leghisti, infatti, arriva una censura: per aver sventolato in Aula delle banconote contro il gruppo di Verdini «reo» per il Carroccio, di essersi fatto comprare per passare alla maggioranza. Definisce, quindi, «troppo blanda» la misura disciplinare comminata ai verdiniani anche la capogruppo dei «Conservatori e Riformisti», Cinzia Bonfrisco che si dice ancora amareggiata per un «gesto così grave che offende tutte le donne». Ma i più amareggiati sono senz'altro i 5 Stelle.

Non solo «sollevano il caso politico» di essere sottorappresentati in Consiglio di presidenza (un solo esponente, il questore Laura Bottici, contro ad esempio i 2 della Lega), sottolineando come la Bottici abbia addirittura rinunciato a votare in Consiglio di presidenza «perchè Grasso aveva chiesto che si uscisse con voto unanime», ma si lamentano di come vengono continuamente trattati dalla maggioranza. Castaldi, ad esempio, rivendica di aver avuto un comportamento «sempre chiaro e leale in Aula» spesso «osteggiato» e «non compreso» dai Dem. «Subito dopo il gesto di Barani - racconta Castaldi - sono andato da Grasso a chiedere che il senatore di Ala uscisse dall'aula. Solo così sarei riuscito a riportare un pò di tranquillità nell'emiciclo. Lui mi ha risposto che ci sarebbe stato di lì a breve un voto segreto e allora io gli ho proposto: se va via Barani anche io non voto così si mantiene la parità. Lui ha accettato e durante il voto mi sono messo davanti alla Boschi con la scheda in mano per far vedere che mantenevo fede all'impegno».

«Noi siamo leali e interveniamo sempre sul merito. Loro invece ci attaccano e Grasso non ci fa neanche inquadrare dalle telecamere durante gli interventi...». «Non è stato giusto sospendere Barani - commenta Ciro Falanga, che ha preso parte alla riunione del Consiglio in nome di Ala - visto che il capogruppo (che deve essere presente a norma dell' art.12 del Regolamento quando si decidono misure disciplinari e quando non si hanno rappresentanti in Consiglio) è Lucio Barani. »Dai filmati dell'Aula visionati durante la riunione non si capisce bene quale sia stato davvero il gesto di Barani, pertanto non si sarebbe dovuto sospendere. La decisione mi indigna - afferma Falanga - e l'ho detto con forza anche a Grasso. Sono sempre i 5 Stelle a provocare«.

Il Consiglio di presidenza, assicura Grasso, »deplora in modo fermo tutte le condotte che hanno turbato l'ordine dei lavori e assunto verso le istituzioni atteggiamenti e linguaggi censurabili e deplorevoli«. Ci sono state »volgarità al di fuori ogni regola di civiltà e sono state offese donne e uomini dentro e fuori il Senato. Da ora in poi non ci saranno deroghe sui comportamenti e i capigruppo dovranno collaborare per non ripetere condotte poco consone«. Ma D'Anna commenta: »Grasso è solo chiacchiere e distintivo, incapace e ipocrita«. A breve un nuovo Consiglio di presidenza per valutare ancora i fatti del 1 ottobre.

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