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Sulle riforme è braccio di ferro e Renzi lancia l'aut aut alle minoranze

Il premier ha posto un aut aut alle minoranze: se accettano di ritirare gli oltre 3000 emendamenti presentati, gli sarà offerto più tempo per il dibattito, ma se rifiutano l'accordo, partirà la richiesta di una seduta fiume

ROMA. Di questo passo, potrebbe andare avanti per settimane. L'ostruzionismo delle opposizioni tiene bloccata la riforma costituzionale nell'Aula della Camera. Ore e ore di discussione, decine di voti sugli emendamenti e l'ok al nuovo articolo 117 della Carta, che regola le competenze tra Stato e regioni: progressi vengono compiuti. Ma senza un accordo politico che riduca drasticamente gli emendamenti, il via libera al testo in tempi brevi appare un miraggio. «È stato il Pd a rompere il patto del Nazareno: da oggi cambia tutto», tuona Silvio Berlusconi. Ma Matteo Renzi assicura che porterà a casa il testo: «Non ci fermeranno». E alla Camera il Pd ha lanciato un aut aut alle minoranze: se accettano di ritirare gli oltre 3000 emendamenti presentati, gli sarà offerto più tempo per il dibattito, ma se rifiutano l'accordo, partirà la richiesta di una seduta fiume. Avanti senza interruzioni, fino all'ok finale. Cosa che in nottata viene messa in pratica dai Dem che hanno chiesto e ottenuto il voto sulla seduta fiume, voto poi passato nel caos generale con violente proteste dei 5 stelle e di Forza Italia.

A produrre la sostanziale impasse, è un varco offerto alle opposizioni dal regolamento d'Aula di Montecitorio. Non solo non c'è alcuna 'ghigliottinà o 'cangurò per ridurre i voti, ma c'è anzi la possibilità per i deputati di presentare subemendamenti nuovi al testo ogni giorno, fino all'inizio della seduta. Così Lega, Forza Italia, Sel, M5s potrebbero continuare ad aumentare il numero di votazioni necessarie ad arrivare al traguardo. Di qui la ricerca di «un'intesa» che fermi l'ostruzionismo.

«Sono mesi che la riforma è in discussione alla Camera», dice in serata Renzi. «Il problema non è discutere nel merito: noi vogliamo fare le riforme insieme a tutti quelli che ci stanno». Ma il Pd non accetterà, avverte il premier, di essere bloccato da chi «lancia libri, urla, fa ostruzionismo»: «Con caparbietà le riforme le facciamo e le portiamo a casa», dichiara. Un passo dopo l'altro. E se il passaggio del Senato, dopo quello della Camera, si annuncia ancora  più difficile visti i numeri ristretti della maggioranza, il leader dem professa «calma»: «Con determinazione porteremo a casa i risultati».

La soluzione a tutti i problemi sarebbe una riappacificazione con FI. Ma Berlusconi per il momento non abbandona la linea della «opposizione a 360 gradi». Riunisce i parlamentari azzurri (ma i fittiani, in rotta di collisione, non partecipano) e scandisce: «Sarebbe ottuso e nefasto continuare con il patto del Nazareno». Poi però legge un documento più moderato: «Appoggeremo ciò che delle riforme riteniamo utile e alla fine del percorso decideremo come comportarci al voto finale». Parole valide anche per la legge elettorale, l'appuntamento politicamente più delicato che attende il governo in primavera.

Ed è proprio il fatto che quella partita sia ancora aperta, alimenta il sospetto in qualche esponente della minoranza Pd che il rinvio deciso in giornata del decreto fiscale con la norma del 3% sia un modo - afferma Stefano Fassina - che con quella norma Renzi cerchi di «condizionare» il Cav. Un'accusa che il premier respinge: «Berlusconi non c'entra niente». Intanto alla Camera la trattativa per sbloccare il cammino della riforma, condotta per il Pd da Boschi, Guerini, Lotti, Speranza, prosegue fino a tarda sera. Il Pd 'offre' in capigruppo all'opposizione tempi aggiuntivi per gli interventi in Aula (cinque minuti per ogni emendamento). Ma non basta: «Renzi fermi la macchina», chiede Nichi Vendola. Inaccettabile, per il Pd. Il capogruppo Speranza alle 15 riunisce i deputati e chiede il mandato a usare, se necessario, anche l'arma della seduta fiume: votazioni a oltranza, senza interruzione. Il gruppo dice sì, ma la minoranza Pd, con interventi come quelli di Cuperlo e Fassina, sottolinea il limite di un metodo fatto dall'inizio di forzature. La sinistra dem assicura che sarà in Aula a votare giorno e notte (è indispensabile a mantenere il numero legale), ma chiede che - rotto il patto col Cav - siano accolte alcune modifiche al testo.
La seduta fiume potrebbe essere decisa in nottata. Ma mentre, tra i mugugni dei deputati, la buvette di Montecitorio aumenta le scorte di caffè, in Aula proseguono i voti. Passa anche un
emendamento di Renato Brunetta: un segnale di apertura, la ricerca fino all'ultimo di un accordo.

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