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Bersani: "Ora metodo-Quirinale per le riforme, non serve Nazareno"

Secondo l'ex segretario se Renzi riuscirà a trovare una sintesi nel partito, potrà arrivare al 2018

Pierluigi Bersani

ROMA. «La stabilità della legislatura dipende dal Pd»: se Matteo Renzi si sforzerà di trovare una sintesi dentro il partito, potrà arrivare al 2018. Pier Luigi Bersani parla all'indomani dell'elezione di Sergio Mattarella al Quirinale. Questo passaggio, rivendica, ha aperto un nuovo capitolo dentro il Partito democratico. La minoranza ha dimostrato che non ha «assolutamente» intenzione di rompere o promuovere una scissione interna. Ma ha anche provato a Renzi che può fare a meno di Berlusconi: «Non ce n'è nessun bisogno: si deve parlare con tutti ma l'ultima parola non la si può lasciare a nessuno».

Su questo, afferma, il premier, che «ha delle grandissime qualità», può ancora «migliorare». Sotto i riflettori di «Che tempo che fa», Bersani racconta la sua versione delle trattative per il Quirinale. «Io ho detto: sia ben chiaro che un bel pezzo del Pd non si berrebbe una soluzione cucinata con altri». Il metodo seguito, spiega, è stato partire «con una rosa di nomi», ma quella rosa «aveva dei petali che non funzionavano». A maggior ragione, perciò, la scelta di Mattarella è stata «una scelta molto molto buona».  «Non si è mai saputo» se nel patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi c'era anche il Quirinale, osserva Bersani. Ma di sicuro in quel patto non c'è il nome di Mattarella: dunque la sua elezione ha dato «un colpetto» all'accordo con il Cavaliere. Nonostante le radici politiche diverse, l'ex segretario dem sente di appartenere alla «stessa squadra» del nuovo capo dello Stato. Una squadra «radicalmente riformista» che trova espressione nella «ditta Pd». Da lì bisogna dunque ripartire per fare le riforme e arrivare alla fine della legislatura. E per farlo, avverte Bersani, Renzi non può che cercare una «sintesi» dentro il partito. Smettendola di accusare che chi «apre bocca sulle riforme» vuole «bloccarle».

Il ragionamento vale per la riforma del lavoro come per la legge elettorale. «Il Jobs act - osserva Bersani - ha del buono, ma ci sono cose meno buone che spero verranno corrette come il licenziamento collettivo». «Nell'Italicum - aggiunge - c'è da fare una riflessione sul tema base dei capilista bloccati: una cosa che per per molti di noi è ingiusta, e anche squilibrata. Sono fiducioso - afferma - che si possa correggere». Sulla legge elettorale la minoranza Pd annuncia di tornare a fare battaglia. E rivendica di farlo proprio in nome di quell'unità del Pd ritrovata nel nome di Mattarella. «Il metodo Quirinale non deve rimanere uno spot, ma essere esteso al dibattito sulle riforme - spiega Cesare Damiano - Non vorremmo più assistere alla logica del 'pendolò già usata nel recente passato: un colpo a destra ed uno a sinistra, a seconda delle circostanze».

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