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Regione, pronta la riforma
per chiudere gli Iacp in Sicilia

Stimato un risparmio annuo di oltre un milione di euro. Nel piano prevista anche la vendita di 60 mila immobili

PALERMO. Liquidare gli Iacp, gli Istituti autonomi case popolari e creare un’Agenzia siciliana per le politiche abitative (Aspa). Obiettivo? Dare una sforbiciata ai consigli di amministrazione, ai revisori dei conti e vendere i sessantamila immobili del patrimonio regionale per fare cassa. Ecco il progetto di riforma del settore dell’edilizia sociale che l’assessore alle Infrastrutture Giovanni Pizzo, ha fatto inserire nel dossier dell’assessore all’Economia, Alessandro Baccei in vista della Finanziaria di aprile.

La riforma. Il piano dell’assessore parte dal presupposto che in Sicilia esistono dieci Iacp. Enti carrozzone che, prima di essere commissariati, erano retti da 10 consigli di amministrazione: un centinaio di persone che in totale costavano più di 100 mila euro l’anno. Se si moltiplica questa somma per le dieci strutture il conto è presto fatto: un milione di euro annui necessari a mantenere i componenti dei cda. Senza calcolare il costo dei revisori dei conti, dei gettoni di presenza e delle missioni.

Posti di sottogoverno, autonomamente e direttamente gestiti dagli Iacp, su cui la Regione ha un potere solo di vigilanza e non di gestione. Come si finanziano? Grazie agli affitti delle case popolari, abitate per lo più da famiglie disagiate, spesso abusivamente o impossibilitate a versare il mensile: motivo per cui gli Iacp hanno accumulato debiti per svariati milioni di euro. Solo quello di Palermo deve restituire 28 milioni al Comune.
La riforma prevede la soppressione dei vari cda e la costituzione di un’agenzia unica, un organismo formato da un consiglio di amministrazione di 3 persone e da un consiglio di sorveglianza sociale (una sorta di consulta, in cui entrerà a far parte anche l’Anci, che avrà il compito di dire la sua sui piani abitativi). Il personale (circa 700 impiegati, tra dirigenti e funzionari)passerebbe nella nuova agenzia ma con un contratto diverso: non avrebbe più un contratto di tipo nazionale, ma regionale che, strano a pensarsi, per loro dovrebbe essere meno vantaggioso. Da qui le resistenze che negli anni hanno manifestato di fronte a ipotesi del genere.
La vendita delle case popolari. Un capitolo corposo della riforma riguarda le entrate. Il progetto prevede la vendita dei sessantamila alloggi popolari a «prezzi sociali» e la possibilità per le famiglie che tuttora abitano in queste case di acquistarle tramite l’accensione di «mutui di solidarietà». Si tratta di patrimonio immobiliare spesso mal gestito, per gli inquilini morosi o perchè spesso gli immobili commerciali vengono ancora affittati a prezzi «storici». «Sulla base del Piano casa nazionale, abbiamo inserito questa riforma nella legge di Bilancio per accelerarne l’iter - spiega Pizzo -. Per attuarla sarà poi necessario un decreto del presidente Crocetta. Vogliamo fare un’operazione di spending review, di moralizzazione e governance. Siamo sicuri una casa garantirà sicurezza sociale delle fasce meno abbienti».
Gli scandali. Un settore, questo, toccato da inchieste e scandali anche recenti. Come quello che due anni fa ha coinvolto l’Iacp di Messina, dove su 96 dipendenti 81 sono stati indagati per assenteismo, perchè timbravano e non andavano a lavorare.
La nuova Agenzia. Il ricavato delle vendite delle case popolari dovrà essere utilizzato per pagare i debiti degli Iacp e per gli investimenti nell’edilizia sociale o Social housing: nella ristrutturazione di case e immobili, da affittare a prezzi più bassi di quelli di mercato e destinarli a giovani coppie, single e anziani che faticano a trovare un'abitazione, condizionati dalla precarietà dei contratti a progetto e da pensioni basse. Un progetto che da anni si cerca di fare sbarcare anche in Sicilia, sull’esempio dei Paesi scandinavi. I suoi destinatari sono le famiglie appena costituite, monoreddito, oltre a centinaia di studenti fuori sede. Insomma, la cosiddetta fascia grigia, formata da coloro che non riescono ad accedere al mercato della compravendita ma nemmeno all'edilizia popolare, perché non sufficientemente «poveri».
L’assessore Pizzo spiega che «la nuova agenzia dovrà avere un approccio che superi quello dell'edilizia popolare e che avrà ricadute positive sul territorio, sia per l'abbattimento dei prezzi delle abitazioni, sia per la riqualificazione dei centri urbani - dice -. Un’iniziativa che contribuirà a un effettivo risparmio delle superfici edificabili, nell'ambito di una politica nazionale e regionale volta a contenere l'eccessivo consumo di suolo che c'è stato negli ultimi decenni».

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