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Regione, sfumati 3 miliardi e mezzo di crediti

Somme inserite in bilancio ma non incassabili: Irpef, Iva, Ires e bolli auto mai pagati ed è impossibile risalire ai debitori. Il consulente economico di Crocetta: prosciugato il fondo di 2,5 miliardi che doveva garantire i mancati introiti

PALERMO. Un tesoretto di 3 miliardi e mezzo di crediti che la Regione non potrà mai incassare, perché ritenuti di «dubbia esigibilità». Sono i cosiddetti residui attivi, entrate non certe, entrate fantasma, ma ogni anno iscritte in bilancio. Crediti tributari, derivanti da Irpef, Ires, Iva, bolli per auto non versati, la cui storia finanziaria è difficile da ripercorrere e cercare di ricostruire. Una fetta di 3 miliardi e mezzo che fa parte di una torta ben più grande di 15 miliardi, entrate iscritte in bilancio, ma non effettivamente riscosse dalla Regione. Quelli ritenuti pericolosi, in grado di far saltare in aria il bilancio della Regione perchè non sono certi, sono i 3 miliardi e mezzo, rappresentati soprattutto dal gettito Irpef, tasse mai riscosse dallo Stato e, dunque, mai «girate» alla Regione, causa nel 2012 del rischio default per le casse siciliane.
Una storia vecchia, quasi un mistero, a dire il vero, quella dei crediti inesigibili. E sì, perché in effetti, i conti della Regione per tanti anni hanno poggiato le fondamenta su granelli di sabbia di entrate presunte. Da esigere. Chissà dove, chissà come, chissà quando. Ancora oggi, infatti, lo Stato non può più chiedere indietro quei soldi, perchè non conosce il nome dei debitori. Motivo per cui, a gennaio, il Commissario dello Stato, Carmelo Aronica, impugnò la Finanziaria. Per capire di cosa stiamo parlando, è il caso di passare alle cifre. Una massa finanziaria frutto dell'accumulo progressivo di somme mai riscosse e che le casse regionali non vedranno mai. Come punto di partenza possiamo considerare il 2001 «quando gli uffici dell'assessorato all'Economia si resero conto che la Regione iscriveva in bilancio entrate solo fittizie, perché in realtà da Roma i soldi di quelle tasse, rappresentate soprattutto dal mancato gettito Irpef, non sarebbero mai arrivati», spiega Salvatore Parlato, esperto economico del presidente Crocetta. Per questo motivo, «dal quel momento venne creato un fondo rischi di 2 miliardi e mezzo che, anzichè funzionare come garanzia, qualora quelle entrate non fossero mai arrivate, nel corso dei dieci anni è stato completamente prosciugato».
Insomma, come ha sottolineato spesso la Corte dei Conti, mamma Regione prevedeva spese senza copertura, facendo affidamento su entrate che non si sono mai materializzate. Da qui nel 2012, è scattato l’allarme di rischio default. «La tenuta dei conti della Regione è a rischio», tuonava, l’anno scorso, la Corte dei Conti in sede di parifica di bilancio, bacchettando il governo proprio su questo fronte e sottolineando che le entrate non certe, i residui attivi inesigibili, «sono troppe».
Sulla gestione di questa massa di crediti, la Corte ha in corso un’indagine che completerà in tempi brevi e che presto dovrebbe arrivare sulle scrivanie degli uffici dell'assessorato all'Economia, dopo oltre due anni di controlli. Il problema, ancora oggi, però, al di là dei numeri, è quello legato alla possibilità, prima o poi, di recuperare «materialmente» queste somme. Circa 3,5 miliardi di euro, come abbiamo detto, sono rappresentati dal mancato incasso della riscossione dei tributi. Entrate che non sono direttamente amministrate dagli uffici regionali, ma dagli uffici periferici dell'Amministrazione finanziaria, dei quali la Regione si è avvalsa fino a qualche anno fa. Oggi la partita è passata a Riscossione Sicilia che, insieme all’Agenzia delle Entrate, ha curato il monitoraggio di queste «entrate non certe» e concluso che difficilmente si potranno rintracciare i debitori. A questo punto, proprio in vista della copertura del buco di bilancio che si verificherà per effetto della cancellazione di queste entrate, verrà creato un fondo rischi a partire dal 2015 e grazie all’accordo con lo Stato di qualche giorno fa, la Sicilia potrà spalmare in 10 anni la copertura dei residui, con la possibilità di rateizzare queste somme.

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