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Il «sistema Genovese», ecco i capi di accusa

MESSINA.   È il giugno 2013 quando viene resa nota la notizia che il deputato Francantonio Genovese, ex sindaco di Messina e uomo forte del Pd siciliano, risulta indagato dalla procura messinese nell'ambito dell'inchiesta sui finanziamenti alla formazione professionale.      L'inchiesta  coinvolge l'intera famiglia del parlamentare: la moglie Chiara Schirò, prima finita ai domiciliari e poi tornata in libertà, la sorella gemella di quest'ultima, Giovanna, e il marito Franco Rinaldi, deputato regionale anche lui del Pd. Per Genovese e il suo clan familiare le accuse sono pesanti: associazione a delinquere, peculato e truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche.    
Il 19 marzo scorso il Gip dispone l'arresto di Genovese, che alle ultime primarie aveva ottenuto a Messina un record di preferenze, quasi 20 mila su 24 mila votanti. Il 7 maggio la Giunta per le autorizzazioni della Camera dà il primo sì  all'arresto , con i voti favorevoli di Pd, M5S e Sel, bocciando la relazione di Antonio Leone (Ncd) che aveva sostenuto l'esistenza di «fumus persecutionis» nei confronti del collega.      
Le indagini su quello che viene definito il «sistema Genovese», nel marzo scorso portano alla richiesta di ordinanza di custodia cautelare per tre collaboratori della segreteria politica del politico siciliano: Salvatore La Macchia, Roberto Giunta, Domenico Fazio.    
Il «sistema Genovese», secondo gli inquirenti, ruotava attorno a tre centri di formazione professionale del messinese: le spese per gli  acquisti dei beni necessari all'attività formativa delle tre strutture erano regolarmente gonfiati allo scopo di ottenere  finanziamenti per importi di gran lunga  superiori ai costi effettivamente sostenuti. Secondo gli inquirenti, il «clan» familiare di Genovese  è riuscito ad appropriarsi in questo modo di diverse migliaia di euro.     
Lo stesso giorno in cui il Gip dispone il suo arresto, Genovese annuncia l'autosospensione dal Pd e assicura: «Sono certo di poter fornire ogni chiarimento utile ad escludere la sussistenza degli addebiti che mi vengono contestati».

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