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Renzi, sì alla fiducia al Senato: scelte radicali, servono sogni e coraggio

ROMA. Un discorso elettrochoc, che rompe ogni rituale. E' quello con il quale il premier Matteo Renzi chiede e ottiene la fiducia al Senato, che vuole cancellare, con 169 sì e 139 no. Un sì annunciato ma meno ricco rispetto ai numeri che, nel pomeriggio ballavano intorno ai 174 consensi.
E' un discorso informale, quello di Renzi, fatto per metà con la mano in tasca e parlando a braccio per 70 minuti, forse più agli italiani che al Palazzo. Una sfida a tutto campo, puntellata di parole come "coraggio", "sogno", "visione", "audacia", "velocità", "innovazione", tanto da assomigliare a tratti una manifesto futurista che l'opposizione boccia senza riserve.
"Poche soluzioni e pasticciate, solo petardi", dice per Forza Italia il coordinatore Giovanni Toti, mentre riservatamente il leader Silvio Berlusconi spiega di essere deluso per la mancanza di standing e per il discorso di basso profilo di Renzi. Ben più aggressivi i grillini, che accusano il premier di essere venuto al Senato a fare solo un'arrogante campagna elettorale. Sono scintille con i M5S, che il premier canzona: "Il Pd ha vinto
tante volte le elezioni, non si può dire di voi. Abbiamo una funzione sociale verso di voi, non è facile stare in un partito dove il Capo dice non sono democratico".
Il Pd vota a favore, non senza agitazione. "Un comizio senza contenuti, voto per disciplina di partito", affonda il senatore bersaniano Gotor. L'ex premier Enrico Letta domani sarà in Aula per la fiducia, mentre i suoi lanciano l'hashtag #matteostaisereno. Ma a capo dell'opposizione interna c'è soprattuto Pippo Civati che, obtorto collo, vota sì puntando però a costruire un'altra sinistra. Non meno duro il giudizio di Sel, che con Nichi Vendola parla di "un discorso di strada, fatto solo di titoli". Annunciano il sì Ncd ("Non potevamo chiedere di più", è il semaforo verde di Angelino Alfano), Scelta Civica, Udc, mentre i Popolari per l'Italia, ancora furibondi per l'esclusione di Mario Mauro dal governo,
tentennano.
Ma Renzi non si sforza di trovare compromessi con nessuno, è semplicemente sè stesso e tira dritto, pronto ad assumersi le sue responsabilità pur di far uscire dalle secche un Paese "arruginito, impantanato, incatenato da una burocrazia asfissiante". "Abbiamo una sola occasione, è questa. Se perderemo questa sfida non cercheremo alibi, la colpa sarà solo mia - sprona -. Deve finire il tempo in cui chi va nei palazzi del potere poi trova sempre una scusa, non ci sono più alibi per nessuno e nemmeno per me". 
I marò, la ragazza sfregiata dall'acido, il diciassettenne morto in un incidente, l'amico disoccupato del premier: sono le persone alle quali Renzi parla, mentre chiede al Parlamento di stargli dietro, di aiutarlo nella corsa contro il tempo, promettendo che il governo "non verrà a dettare linea".
Pietre angolari del discorso sono le riforme promesse: la legge elettorale ("Rispetteremo nei tempi e nelle modalità prestabilite l'accordo", a marzo legge elettorale alla Camera e contemporaneamente riforma del Senato e Titolo quinto a Palazzo Madama); lo sblocco totale dei debiti della Pubblica Amministrazione; dirigenti senza più contratti a tempo indeterminato; una riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale con misure serie e irreversibili; un sussidio di disoccupazione universale; fondi di garanzia per le piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito; dichiarazione dei redditi precompilata per un fisco "amico e non più ostile". E ancora, un piano di edilizia per la scuola, l'istruzione al centro delle politiche del governo, un pacchetto organico di revisione della giustizia, uno ius soli temperato e una "sintesi" ancora da trovare sulle unioni civili.
"E' il tempo del coraggio", chiosa Renzi. "Non perchè lo chiede l'Europa o la Merkel ma perchè lo chiedono gli italiani".

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