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Addio al finanziamento ai partiti, la riforma è legge: ma per i grillini è la prima bugia di Renzi

ROMA. Finanziamento dei partiti addio, ma non da subito: per veder sparire del tutto l'afflusso di soldi pubblici nelle casse delle forze politiche ci vorranno tre anni. La rivoluzione è contenuta nel decreto voluto dal governo Letta che è stato definitivamente trasformato in legge dalla Camera: 312 sì, 141 no e 5 astenuti, votazione che ha spaccato l'aula. A favore hanno votato i partiti di maggioranza e Forza Italia, contro M5s, Lega e Sel, astenuti i deputati di Fratelli d'Italia. In prima linea contro la nuova legge il Movimento cinque stelle: secondo i grillini i tagli annunciati sono fasulli e il decreto approvato,  era scritto sui cartelli da loro mostrati in aula, è "la bugia numero uno di Renzi".



TAGLIO IN TRE ANNI. Se oggi ai partiti arrivano soldi pubblici sotto forma di rimborsi elettorali (circa 60 milioni l'anno, distribuiti in base ai voti presi alle politiche, le europee e le regionali), nei prossimi tre anni si arriverà a un sistema completamente diverso, basato sulle contribuzioni volontarie. Il taglio dei rimborsi sarà graduale: quest'anno la rata versata ai partiti diminuirà del 25%, nel 2015 del 50%,  nel 2016 del 75%. Nel 2017, finalmente, i rimborsi spariranno completamente.   



SOLDI DAI PRIVATI, MA SERVE STATUTO. Al posto del finanziamento pubblico i partiti dovranno ricorrere  alla contribuzione volontaria, in due forme: le erogazioni liberali dei privati e il due per mille. Bisognerà però che i partiti si dotino di uno statuto che indichi con chiarezza organi dirigenti, modalità della loro elezione, durata degli incarichi, garanzia delle minoranze interne. I partiti con questi requisiti saranno iscritti in un apposito registro, gli altri resteranno fuori.



EROGAZIONI PRIVATE, TETTO DI 100MILA EURO. I privati (singoli o società) possono versare ai partiti fino a 100mila euro l'anno. Vietati i contanti, ammessi solo i bonifici o gli assegni. Le erogazioni liberali in favore dei partiti potranno essere portate in detrazione nella dichiarazione dei rediti, dando luogo a un rimborso fiscale  del 26% per gli importi fino a 30mila euro. La legge stima che il sistema dei rimborsi fiscali produrrà un costo di 15,65 milioni a partire dal 2016: le spese saranno coperte con il taglio dei rimborsi elettorali.



2 PER MILLE. La palla passa ai cittadini, o meglio a militanti e sostenitori. I contribuenti potranno destinare a un partito il loro 2 per mille dell'Irpef. Previsto un tetto massimo che
per il 2014 sarà di 7,75 milioni di euro e salirà gradualmente di anno in anno fino ad arrivare ai 45,1 milioni di euro nel 2017, quando l'abolizione dei rimborsi elettorali sarà totale (ma potrà salire a un livello più alto se dalle erogazioni liberali non arriveranno i soldi stimati dalla legge). Anche in questo caso il decreto prevede che le spese che dovrà sostenere lo Stato  saranno ripianate con i risparmi che si otterranno dall'abolizione dei rimborsi elettorali.



CASSA INTEGRAZIONE. La legge prevede la cassa integrazione e i contratti di solidarietà per i dipendenti dei partiti, a prescindere dal numero dei dipendenti (per le aziende i contratti di solidarietà possono essere applicati solo se c'è un minimo di 15 dipendenti).  



IMU. Le sedi dei partiti saranno soggette al pagamento dell'Imu.


IL 740 DI GRILLO.  La legge prevede che dovranno essere rese pubbliche le dichiarazioni dei redditi dei tesorieri e dei leader di partiti e movimenti (in qualunque modo sia denominato il loro ruolo) che hanno almeno un rappresentante alla Camera o al Senato. Norma pensata per fare in modo che anche Grillo e Casaleggio rendano noti il loro modello delle imposte.

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