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Legge elettorale, bozza in Commissione È caos: sì di Pd-Fi e Ncd, contrari gli altri

ROMA. Parte subito in salita il cammino in Parlamento della legge elettorale. Non bastavano le polemiche dentro il Pd e le proteste dei piccoli e del M5s per un accordo 'extraparlamentare'. Il testo base della riforma, atteso per due giorni in Commissione Affari costituzionali ha faticato molto ad arrivare al traguardo. Passa in Commissione con il sì di Pd-Fi e Ncd. Ma i piccoli sono pronti a dare battaglia in Aula alla Camera a suon di emendamenti.

Il provvedimento doveva essere depositato alle 14, limite slittato prima alle 15, «perchè serviva più tempo per scriverlo», poi alle 19, al termine dei lavori dell'aula di Montecitorio e poi ancora di un'oretta. Dietro lo slittamento il primo 'intoppò: la clausola 'salva Legà. Ovvero un dispositivo che permettesse a un movimento territoriale, come il Carroccio, di non essere penalizzato dalla ripartizione nazionale dei seggi. «Si tratta di notizie prive di fondamento» prova a smentire il deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto, presidente della I Commissione e relatore della legge elettorale, tentando di bloccare il vespaio alimentato da quei partiti 'piccolì, ma non 'territorialì, e anche da una parte del Pd, che si sono opposti all'aiuto sostenuto invece da FI.

La norma scompare dal testo: il segretario del Carroccio, Matteo Salvini, nega di averlo mai chiesto: «La Lega non ha bisogno di 'aiutinì». Ma Umberto Bossi rilancia: «Bisogna fare lo sbarramento su base territoriale. Siamo pronti alla lotta di liberazione». Ma non è solo la Lega a puntare i piedi. La diatriba dentro il Pd non si placa e oggi anche Massimo D'Alema sottolinea che sta alla «libertà del Parlamento di approfondire, correggere, decidere, secondo le regole democratiche normali» la bozza di riforma. Anche Alfredo D'Attorre, esponente di punta della minoranza del partito, annuncia l'intenzione di presentare un emendamento per introdurre le preferenze che si augura che venga sottoscritto dall'intero gruppo parlamentare: «Lavoreremo affinchè sia così».
La minoranza del Pd conta di convergere con il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano e i popolari di Mario Mauro e Pier Ferdinando Casini per cambiare radicalmente i punti ritenuti inaccettabili del meccanismo elettorale concordato da Renzi e Berlusconi. In primis la mancanza delle preferenze. I popolari contestano anche le clausole di sbarramento troppo alte per l'ingresso in Parlamento delle formazioni medio-piccole ma anche «la soglia per il premio di maggioranza irragionevolmente troppo bassa».
Fi punta i piedi contro ogni modifiche all'accordo ma a fine giornata cede sulla norma salva-Lega: il testo base depositato dal relatore viene da Pd, Fi e Ncd che firma solo dopo la cancellazione della norma pro-Carroccio. Non firmano i Popolari Per l'Italia e Scelta Civica che tuttavia non si oppone a che il testo di Sisto venga accolto come testo-base. Il capogruppo Andrea Romano preannuncia però che presenterà emendamenti per «eliminare i profili di dubbia costituzionalità su premio di maggioranza e alla clausola di sbarramento».
In M5s, intanto, procede con la consultazione degli iscritti volta a predisporre un testo che sia concordato con la 'basè del Movimento. Dopo una settimana di avvio della consultazione oggi c'è stato il primo voto: la maggioranza dei circa 30 mila votanti ha optato per il proporzionale. Il M5s conta di chiudere la consultazione per fine febbraio: nel frattempo presenterà emendamenti in base alla sua proposta di riforma già depositata, un modello ispano-elvetico. Che, sulle preferenze, prevede un complicato sistema con preferenze in positivo e in negativo: con la possibilità, cioè, di indicare candidati sgraditi in lista.

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