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Napolitano - Letta, domani verifica di governo La parola passa al Parlamento

MILANO. Il tentativo di far aprire una crisi al buio per ottenere elezioni anticipate attraverso una minaccia gravissima, come quelle delle dimissioni di massa dei parlamentari Pdl, va respinto immediatamente. Non si può dare al mondo l'immagine di un Paese allo sbando, dove il cuore delle sue istituzioni, il Parlamento, viene bloccato da un atto senza precedenti nella storia della repubblica. È troppo anche per Giorgio Napolitano che dopo giorni di paziente attesa alla finestra - in osservazione degli 'stop and go” dell'uomo di Arcore - ieri ha capito che non si poteva più contare sul lavoro dei pontieri del Pdl, o sulle assicurazioni delle colombe. Doveva nuovamente scendere in campo lui per riportare il cerino in casa Pdl, per ribadire che le sentenze si rispettano, che nuove elezioni con il Porcellum per il Colle non sono neanche ipotizzabili.     Ma soprattutto per concordare domani con Enrico Letta, che domani, appena atterrato a Roma, dovrebbe incontrare i ministri del Pdl, una strategia comune, con una colonna portante: riportare la crisi in Parlamento. Come? Attraverso una verifica di governo che potrebbe passare, si ragiona in ambienti parlamentari, anche attraverso un voto di fiducia da calendarizzare prima del fatidico 4 ottobre, giorno in cui si potrebbe realizzare la decadenza del Cavaliere da senatore.    Dopo una notte di riflessione - sempre in contatto (fuso orario permettendo) con il premier che si trovava a New York - il presidente ha preso carta e penna e ha vergato una dichiarazione durissima. Napolitano, che tra l'altro è stato presidente della Camera, non ha proprio digerito la minaccia al Parlamento, così come non ha proprio gradito le esplicite pressioni - giudicate inopportune e vagamente minacciose - ad intervenire venute da tanti esponenti del Pdl. «È dato costitutivo di qualsiasi stato di diritto in Europa la non interferenza del Capo dello Stato o del Primo Ministro in decisioni indipendenti dell'autorità giudiziaria», ha infatti chiarito senza possibilità di equivoco.     Chiuso l'argomento agibilità politica di Berlusconi, rimane però tutto in piedi il problema di come puntellare il sistema sull'orlo del collasso, sia strutturale che emotivo. Punto primo: calma e gesso. Nessuno parli ora di dimissioni del premier, di un Letta bis, di Governo di scopo e chi più ne ha più ne metta. Al Quirinale non è arrivato ancora nulla di ufficiale e si guarda con il consueto disincanto alle fibrillazioni del Pdl che ormai datano all'inizio dell'estate. Certo, Napolitano non sottovaluta la gravità del disagio del Pdl ma ricorda che c'è ancora tempo per esprimere in varie forme la solidarietà dovuta al leader ferito.     Quel che conta in queste ore è riportare il dibattito nei canali giusti e far sapere pubblicamente al Paese cosa succede. Ecco perchè, dopo aver respinto al mittente le accuse di «colpo di Stato» o di «operazioni eversive» in atto contro il Cavaliere, Napolitano ha consigliato il giovane Letta di snidare il Pdl in Parlamento. O attraverso una verifica sui singoli provvedimenti o - più probabilmente - attraverso un voto di fiducia. Il tutto mentre la borsa già soffre e gli analisti snocciolano numeri rossi su quanto ci costerebbe una crisi in questa fase. Senza contare che ci sono in scadenza i nodi dell'aumento dell'Iva, della seconda rata dell'Imu e l'approvazione della legge di stabilità. Tutte questioni che toccano le borse dei cittadini che, lo dicono tutti i sondaggi, non vogliono nuove elezioni. E poi, quanti parlamentari saranno veramente pronti a dimettersi alla prova dei fatti?. 

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