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Regione, non arriva nessuna domanda Bloccato il bando sulle energie pulite

Imprese rinunciano perché avrebbero dovuto cofinanziare i progetti, i 25 milioni forse destinati al tram di Palermo

PALERMO. L’addio al sogno di fare della Sicilia la patria dell’industria per la componentistica legata alle energie pulite è arrivato senza troppo clamore con un decreto di poche pagine firmato in tutta fretta qualche giorno fa. La Regione ferma un bando da 25 milioni rimasto aperto da marzo a oggi senza che nessuno abbia presentato una sola domanda. Ultimo atto di un percorso che da metà 2010 mette in palio, senza assegnarli, 200 milioni.
Cronaca di errori che fotografano l’altra faccia dello spreco dei fondi europei. Questa volta i soldi sono rimasti nei cassetti non perché i bandi sono arrivati in ritardo. Non è stata la burocrazia lumaca a impedire la spesa. Il motivo - spiegano i tecnici - è che i bandi sono stati tarati su un sistema imprenditoriale che non aveva la forza per cofinanziare gli investimenti.
Il bando bloccato è quello del marzo scorso: prevede di concedere agevolazioni per la creazione di filiere produttive per tecnologie energetiche, agroenergetiche e per biocarburanti. «Il vecchio governo - spiega Maurizio Pirillo, dirigente dell’assessorato all’Energia - ha previsto di finanziare le imprese che avrebbero prodotto pale eoliche o piloni su cui agganciarle, pannelli fotovoltaici e tutto quanto potesse servire alle aziende che poi producono l’energia». Per partecipare al bando si dovevano creare gruppi di imprese. La Sicilia - era l’idea di fondo - sarebbe diventata un polo tecnologico in cui imprese che producono energia da vento, sole e biomasse avrebbero trovato sul territorio le industrie da cui acquistare i componenti per realizzare i loro impianti.
Facile? Impossibile. I fondi a disposizione nel capitolo 2.1.1.1 del piano di spesa dei fondi europei messo a punto fra il 2007 e il 2010 assegnavano a questo filone circa 300 milioni. Nel 2010 un primo bando ne mise in palio circa 130. «Ma al momento di emanare il bando - ricorda il vecchio dirigente del settore, Pietro Valenti - ci si accorse che mancava l’azienda esterna che avrebbe dovuto esaminare le domande. Nessuno ha fatto il bando per selezionarla». Passerà un anno prima che l’incarico, per 8 milioni, venga assegnato a Banca Nuova. A quel punto ci si attendeva una valanga di domande: ne arrivò una sola. Si è fatta avanti solo la Meridionale Impianti, gruppo milanese che ha aperto una sede a Catania e che attende ancora il via libera a finanziamenti per 12 milioni e mezzo. Tutto il resto rimase nei cassetti e l’anno dopo l’assessorato all’Energia ci riprovò aumentando il budget fino a 200 milioni: il risultato peggiorò, non si fece avanti nessuno. A quel punto, e siamo a marzo 2013, si cominciò a temere di perdere gran parte dei fondi non spesi. E allora una parte venne dirottata altrove ma l’assessorato decise di fare un ultimo tentativo promuovendo un terzo bando. Ma anche in questo caso non si è fatto avanti nessuno e qualche giorno fa Pirillo ha dovuto comunicare al dipartimento Programmazione il fallimento del piano: «Se non spendiamo questi soldi entro fine anno, li perdiamo. Dunque abbiamo dato l’ok a una loro riprogrammazione per finanziare altri progetti, credo che verranno usati per il tram di Palermo». Resta l’immagine di quei 200 milioni che la Regione offre e nessuno chiede: «I bandi - conclude Pirillo - imponevano requisiti troppo selettivi. Le aziende che avessero ottenuto i fondi avrebbero dovuto cofinanziare l’investimento con importi quasi analoghi. E in questa fase di crisi il nostro sistema imprenditoriale non ha avuto la forza di investire». Le imprese associate avrebbero dovuto presentare progetti da un minimo di 15 milioni a un massimo di 40, la metà dei quali finanziati dalla Regione: la sola impresa capofila avrebbe dovuto garantire almeno 8 milioni di cofinanziamento.
Ma l’ex dirigente, Pietro Valenti, ricorda che «l’errore più grande è stato limitare la partecipazione al bando alle sole piccole e medie imprese. Avevo segnalato che non c’erano realtà che potessero sostenere investimenti così ingenti. Ma non si è voluto modificare i bandi. E questo è il risultato».

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