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Formazione, rebus lavoro per 36 mila allievi

Trecento milioni all’anno per circa tremila corsi: impossibile sapere quanti hanno un’occupazione. Le imprese: corsi inutili e scollegati dalle aziende. Confindustria: spazio alle figure realmente richieste

PALERMO. Alla Regione non c’è traccia dei dati sui risultati occupazionali della Formazione professionale. In quasi dieci anni l’amministrazione ha veicolato su questo settore circa quattro miliardi di euro, 280 milioni solo nell’annualità 2012-2013, per qualificare giovani e aiutarli a trovare un lavoro, ma quanti realmente ci siano riusciti, spiegano dagli uffici del dipartimento della Formazione, non è dato saperlo. Niente relazioni, dossier, monitoraggi.  
Nulla. Così alla vigilia delle riforma annunciata dal governo, che proverà a rendere funzionante il sistema della formazione, c’è un altissimo rischio che ai 37 mila allievi che hanno frequentato lo scorso anno un corso, per dirla con le parole del presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, «non rimanga altro che un diploma da inserire nel proprio curriculum».

I NUMERI
Eppure la macchina della formazione professionale siciliana è imponente. Ottomila lavoratori del settore, ai quali lo scorso anno si sono aggiunti cinquemila docenti, centinaia di enti accreditati, molti dei quali stoppati per presunte irregolarità dal governo Crocetta, ma comunque capaci di istituire 3.143 corsi di cui 2.859 attivati. Un settore su cui hanno fatto affidamento 37 mila allievi ma che potenzialmente era stato ideato per istruirne 50 mila.

LE CRITICITA' DEL SETTORE
Il problema, spiegano le associazioni delle imprese, è che tra la formazione e il mercato del lavoro non c’era alcun collegamento. Così se è vero che dal giugno 2014 sarà la Regione a dire quali corsi organizzare, sulla base di uno studio scientifico fatto dal Censis che ha intervistato le aziende siciliane, ad oggi, senza alcun obbligo nei confronti della Regione, gli enti hanno impartito lezioni e inventato figure mai richieste dalle aziende. L’assessore Nelli Scilabra, a fine maggio, è stata costretta a bandirne alcune chiedendo agli enti di cominciare a tagliare questi corsi: femme de chambre (cameriera?), progettista spazi abitativi, operatore abbronzatura artificiale, esperto in estetica, autore di fumetti e illustratore, fotografo, addetto tessitore al telaio, attore. «La verità – dice ancora Montante – è che poi le imprese sono costrette a cercare le figure specializzate che realmente servono, fuori dalla Sicilia. È successo a me personalmente quando avevo bisogno di programmatori di macchine a controllo numerico, che servono per lavorazioni di alta precisione e sono molto utilizzate in tutti i settori industriali. La Sicilia – prosegue il leader di Confindustria – ha bisogno di alta formazione. Con i 300 milioni all’anno che si sono spesi si poteva consentire pure ai giovani di andare a formarsi all’estero e di tornare per mettere a disposizione del mercato del lavoro le loro conoscenze».

I CORSI INUTILI
Ma almeno per un altro anno, la Sicilia dovrà accontentarsi di un esercito di estetisti, parrucchieri, tecnici delle unghia. Per carità, nessun disprezzo su queste professioni. Ma se Confartigianato Sicilia sostiene che nell’Isola operano 1.700 centri per la cura del corpo, con un totale di circa 3.400 dipendenti, quanto sbocchi troveranno i 1.500 estetisti formati dai corsi nell’ultima annualità? «Praticamente quasi nessuno – dice Mario Filippello, segretario regionale della Cna, la Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa - i corsi hanno funzionato solo per spendere soldi, è una storia che riguardava solo meccanismi funzionali al consenso. Non c’era nessun meccanismo che regolasse la domanda e l’offerta delle figure. C’era un assoluto distacco del sistema formativo dalla domanda reale del mercato del lavoro».

LA PROTESTA DELLE IMPRESE
Così gli enti hanno dato sfogo alla loro immaginazione. Formando persino figure che professionalmente in Italia non esistono. Il caso simbolo è quello dell’onicotecnico: una trentina di allievi sono diventati esperti nella ricostruzione delle unghia, ma dal punto di vista legale professione non esiste, non la potranno esercitare. E che dire degli 800 allievi che aspirano diventare operatori del settore dei rifiuti, abili nel riuso creativo e nel riciclo delle materie prime. E ancora, 400 gli allievi che hanno imparato la lingua dei segni, la Lis, e sperano di trovare un’occupazione, e 250 addetti all’antincendio che aspirano alla salvaguardia dei boschi dell’Isola già tutelati da 30 mila forestali. «Chi ha invogliato i ragazzi per partecipare a questi corsi adesso si assuma le proprie responsabilità» tuona Filippo Ribisi, presidente di Confartigianato Sicilia. «La Regione – prosegue Ribisi - deve confrontarsi col mondo delle imprese e capire quali sono le esigenze reali del mercato. Ci piacerebbe che si aprisse un confronto che l’assessore, che per la verità ha già paventato maggiore dialogo».

LA PROMESSA DELL'ASSESSORE
Ma la rivoluzione, stando all'assessore alla Formazione, Nelli Scilabra, è alle porte: «Continueremo sulla strada del dialogo e del confronto con tutte le forze produttive, le università e gli istituti iecnici della nostra Terra - ha detto - per individuare, insieme a loro, i percorsi formativi da attivare nei prossimi anni. L'obiettivo sarà uno: realizzare corsi che aiutino realmente i ragazzi a trovare un lavoro. Se fino a ieri, la Regione Siciliana si è piegata al ruolo di grande portafoglio al servizio degli enti, da oggi la nostra Regione torna ad essere protagonista e utilizzerà gli enti di formazione quali  strumenti per erogare un servizio alla cittadinanza».

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