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"Il Megafono non può essere concorrente del Pd", ma Crocetta non vuole chiudere il movimento

PALERMO. Rosario Crocetta non ci sta. Ricevuto l’aut aut da Roma, anticipa che non chiuderà il Megafono. Anche se sulla forma giuridica e politica da dare al suo movimento prende tempo: «Si vedrà in futuro, decideremo tutti insieme con chi sta nel Megafono».
 
Da Roma, ieri notte, il comitato dei garanti guidato da Luigi Berlinguer ha deciso che il Megafono non può continuare a essere un movimento politico concorrente al Pd e che chi ne farà parte, presidente compreso, violerà una norma statutaria che impone la decadenza automatica dal Pd. Il comitato dei garanti - composto da sette membri fra cui il palermitano Giovanni Bruno - ha ricordato anche che Crocetta e i suoi assessori che si dichiarano del Pd devono versare le quote associative e ha invitato a non continuare nell’azione denigratoria contro i vertici del partito sul tema della questione morale.
 
Crocetta stamani è rimasto a Palazzo d’Orleans. E dal suo quartiere generale anticipa l’intenzione di rendere pubblico un altro documento - dopo La Casta e la Suburra - con cui critica alcune mosse del Pd: «Si intitolerà ”Non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo”. E mi soffermerò su un partito che da Roma limita l’autonomia locale. Un partito in mano ad ascari e signori delle tessere che vogliono un congresso drogato».
 
Per Crocetta «il Megafono non si ferma, perchè il Pd può obbligare me a non farne parte ma cosa farà con tutti gli altri simpatizzanti che non hanno la tessera del Pd? Noi andiamo avanti e poi toccherà al Pd decidere che tipo di rapporto avere col Megafono».
 
È una risposta alle correnti di Antonello Cracolici e Mirello Crisafulli che a clado ieri notte avevano detto che adesso «a Crocetta non resta che fare bene il presidente della Regione e l’uomo del Pd». Ma è una risposta anche all’area renziana che lo aveva criticato per un suo eccessivo protagonismo e che sotto traccia lavora a nuovi equilibri da determinare all’imminente congresso.

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