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Crocetta, tregua armata con il Pd. Ma il partito: no alla doppia militanza

PALERMO. “Non ho alcuna intenzione di lasciare il Pd e favorire il processo di degenerazione grave che è in atto. Il Megafono non è un partito, non ha circoli, non ha uno statuto, è un’idea”: Rosario Crocetta irrompe nel bel mezzo della riunione della Direzione regionale dei democratici e sigla la tregua armata con il principale partito che lo sostiene all’Ars. Ma lo fa a suo modo, presentandosi con una vistosa spilla sulla giacca del Megafono, il movimento da lui fondato, nel giorno in cui il Pd avrebbe dovuto discutere anche dei rapporto con questo soggetto politico. Dal canto suo, il segretario Giuseppe Lupo, nella sua relazione, sostiene che sulla questione morale “il Pd è più crocettiano di Crocetta”, ribadisce il sostegno al governo e annuncia regole più rigide nel partito. “È giusto - spiega - che il Pd assuma anche iniziative forti per determinare un sistema di regole più stringenti se possibile anche rivedendo il proprio statuto, che il Partito democratico sia promotore di nuove leggi per assicurare la massima trasparenza all'interno delle istituzioni”. In sostanza il Pd adotta regole contro il conflitto di interessi interne al partito e poi lancia un ultimatum al Megafono di Rosario Crocetta: potrà coesistere come alleato «autonomo», ma non sarà più tollerata la «doppia militanza» in movimenti «con modalità tipiche dei partiti».
Il colpo di scena lo riserva comunque Crocetta, la cui presenza era fino all’ultimo minuto in dubbio. Assieme a mezza giunta, dalla Scilabra a Linda Vancheri e Maria Lo bello, interviene a tarda mattinata nel dibattito ribadendo la sua appartenenza ai democratici e respingendo al mittente le accuse di voler creare un partito concorrente: “Sono loro che non hanno voluto candidare nella mia lista deputati del Pd – dice – io invece li ho salvati non accettando la proposta di nominare in giunta Rinaldi (indagato assieme al cognato Francantonio Genovese nell’inchiesta sulla formazione a Messina). Mi hanno proposto Crisafulli, Dina, Cocilovo, che avrebbe qualche problemino di conflitto di interesse con la Formazione. Mi hanno chiesto la testa di Nelli Scilabra, forse perché sta moralizzando la formazione? Io sono abituato ad un partito, il Pci, che in casi come questi mandava Pio La Torre a fare la battaglia. Invece qui si cerca di ostacolare e non si comprende la difficoltà vera e reale e la necessità di una moralizzazione vera e profonda che deve attraversare la Sicilia». E lancia la sfida: «Vogliono rinnovarsi? Scelgano Nelli Scilabra per la segreteria se hanno il coraggio».
Intanto, il tema del rimpasto in giunta resta comunque apertissimo, come ribadisce Mirello Crisafulli: «Crocetta sta facendo una serie di cose e la sta facendo bene, ma queste cose non sono sufficienti per affrontare e risolvere i problemi della crisi siciliana. Non è una critica, è una considerazione. Noi abbiamo necessità di affrontare la crisi siciliana con più determinazione, credo che il Pd debba pensare ad una maggiore autorevolezza nell'azione del Governo. Non capisco perchè Epifani - conclude Crisafulli - a Roma può porre un problema di questo genere e noi in Sicilia siamo scomunicati». Ma Crocetta non arretra e sfida i democratici: “Vogliono rinnovarsi? Scelgano Nelli Scilabra per la segreteria se hanno il coraggio”. Per poi concludere a margine: “Io non sono del Pd? Mi candido alla segeteria nazionale, e poi vediamo”.

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