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Sicilia, Renzi e Grillo infiammano i ballottaggi

CATANIA. «Oggi non è il Pd che aiuta i sindaci a vincere, ma sono loro che devono aiutare il Pd a vincere». Matteo Renzi, ieri in Sicilia per la chiusura della campagna elettorale, sembrava quasi che sognasse a occhi aperti la rinascita di quel «partito dei sindaci», tanto caro a Leoluca Orlando e ad Enzo Bianco. Il primo cittadino di Firenze, intanto, s'è augurato che dai ballottaggi di domani e lunedì possa arrivare una conferma del buono stato di salute del centrosinistra: «Da Messina a Ragusa, da Siracusa a Modica e Comiso, abbiamo candidati di prestigio in grado di vincere per fare così il cappotto».

I tempi del «pieno di voti», invece, sono lontani per Beppe Grillo che, però, spera di ripartire proprio dalla Sicilia, in particolare da Ragusa dov'è ancora in corsa un candidato Cinque Stelle. Non a caso, il leader del M5S è rimasto due giorni in terra iblea. Da qui, però, è parso poco interessato a replicare alle «profezie di sventura» fatte da Matteo Renzi, per il quale «Grillo alle prossime elezioni praticamente scomparirà». Il comico «prestato alla politica» s'è mostrato più incline a silurare il premier Enrico Letta - «il più insignificante presidente del Consiglio del dopoguerra, gli manca ancora di baciare il culo di Berlusconi per sopravvivere il più a lungo possibile» - e a ribadire, nel corso di un incontro con gli allevatori ragusani, la sua allergia per le Camere: «Faremo un Parlamento extraparlamentare: i nostri 160 deputati o quelli che saranno, li porteremo dove ci sono i problemi. Dobbiamo uscire da quel c... di Parlamento dove non si può lavorare. La verità è che nel Parlamento è come se ci fosse la criminalità organizzata, dove devi votare cose che non capisci». Soprattutto, però, Grillo s'è ritrovato a dover fare i conti con la fronda interna al suo movimento e con i recenti flop elettorali, che ha minimizzato così: «Alle Amministrative abbiamo fatto errori, ma abbiamo capito dove abbiamo sbagliato e non lo faremo più».

Malgrado l'ottimismo del leader, però, i «Cinque Stelle» vivono ormai da mesi un'emorragia di fan da Facebook, almeno stando a uno studio diffuso nelle ultime ore dalla società di ricerche Blogmeter, e ieri si sono sentiti dire addio dalla senatrice Paola De Pin che non ha condiviso l'espulsione della collega Adele Gambaro «per verdetto on-line». Beppe Grillo, comunque, ha tagliato corto: «Sono scelte personali. Non so come andrà e non entro nel merito di queste cose. Non c'entra con quello che è già successo». Poi, nuove randellate a giornali e giornalisti. Sotto attacco, stavolta, «L'Unità» per un titolo - «Grillo contro i terremotati » - sull'ostruzionismo parlamentare del M5S nella discussione sul Decreto Emergenze: «L'Unità fa schifo. E quando chiuderà non mancherà a nessuno. Fa schifo perché non racconta che solo il Movimento ha votato per la sospensione dell'Imu ai terremotati e che che abbiamo già donato un acconto di 350 mila euro, risparmiati dalla campagna elettorale, al Comune di Mirandola colpito dal sisma».

Giornata afosa, toni incandescenti. Quasi a volere «addolcire» il clima, Matteo Renzi parlando a Siracusa ha lanciato un messaggio distensivo al «big» Cinque Stelle, distante meno di cento chilometri: «Qui alle politiche tanti hanno votato per Grillo, che dice tante cose, alcune discutibili ma altre molto giuste. Quando Grillo afferma che si devono mettere on line tutte le spese del Comune, dice una cosa che a Firenze abbiamo fatto già e che qui il nostro candidato sindaco, vincendo, farà. Quando Grillo sostiene che si devono evitare gli sprechi e ridurre i costi della politica, noi diciamo che lo stiamo già facendo. E quando dice che dobbiamo avere un ambiente più a misura d'uomo, diciamo che ha ragione».

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