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Camere, Bersani rompe gli schemi e spiazza i grillini: ora punta al governo

Con la scelta nella notte dei nomi di Boldrini e Grasso per le presidenze di Montecitorio e Senato il leader ha puntato su candidature di . In questo modo ha spaccato M5s, portando alcuni voti sull'elezione del magistrato

ROMA. Anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, raccontano fonti democrat, è stato avvisato solo stamattina, alle 8, da Pier Luigi Bersani sulle scelte di Laura Boldrini e Piero Grasso. Nella notte, dopo la rottura dei montiani, Pier Luigi Bersani, insieme ai fedelissimi, ha tratto il dado, togliendo dai giochi i veterani Franceschini e Finocchiaro e puntando su candidature di rinnovamento che lo rimettono in pole per ricevere il mandato dal Capo dello Stato e tentare di formare il governo o, in caso di fallimento, avere una «mossa elettorale» da presentare agli elettori.  Fino all'ultimo il Pd ha cercato di far arrivare a più miti consigli i montiani, infuriati dopo lo stop alla candidatura di Mario Monti al Senato, per offrire a Scelta Civica la presidenza di Montecitorio. Troppo rischioso, con numeri così stretti al Senato, sarebbe perdere la sponda dei centristi in caso di fiducia al governo. Ma il leader Pd ha rischiato e, alla fine di un'altra giornata di alta tensione al Senato tra i timori per l'asse, poi rientrato, tra Pdl-Scelta Civica, e le scelte del M5S, è uscito rafforzato e su una strada che la stessa Anna Finocchiaro vede «più larga verso il governo». Dimostrando, rivendica l'altro candidato che ha fatto un passo indietro, che «non mettiamo mai le aspirazioni personali davanti agli interessi generali». Bersani è rimasto spiazzato davanti a quella che ha definito, parlando con i senatori dem, un «disimpegno sorprendente» del premier. Ma a quel punto ha preferito evitare di fare il gioco della torre, scegliendo chi, tra Dario Franceschini e Anna Finocchiaro, avrebbe dovuto rinunciare al ruolo. «Non possiamo permetterci di tenerci entrambe le Camere e al tempo stesso non fare scelte di rinnovamento», è stata la linea di Bersani, condivisa in pieno dai 'giovani turchì che battevano per il rinnovamento e che trova l'approvazione, insolita nell'ultima settimana, di Matteo Renzi. E sostenuta con forza da Nichi Vendola che, a quanto si apprende, aveva minacciato di non votare per Dario Franceschini. Al tempo stesso, secondo fonti democratiche, Bersani avrebbe anche voluto rafforzare le sue chance, anche dentro il Pd, per convincere il Quirinale ad ottenere il mandato visto che l'elezione di Anna Finocchiaro a seconda carica dello Stato avrebbe potuto ridurre le sue possibilità. In ogni caso, alle assemblee dei gruppi, messi da parte malumori e dubbi, tutti i deputati e i senatori hanno accolto con un applauso la scelta di Boldrini e Grasso anche se a Montecitorio, alla fine, qualche numero è mancato. Impossibile, invece, mandare segnali di malessere a Palazzo Madama dove il centrosinistra ha serrato i ranghi. E sfidato sul campo i grillini, riuscendoli a spaccare con un nome di alto profilo. «Piero Grasso è una figura di grande garanzia che può essere accettata da tutti e che anche al Senato ci sia il cambiamento», è il messaggio che Bersani lancia da Montecitorio a M5S quando si paventa lo spettro di una vittoria di Renato Schifani. Ma, oltre agli appelli, sembra che, dopo il confronto sulle cariche istituzionali portato avanti dai pontieri dem, il Pd oggi si sia rimesso in moto con contatti mirati all'obiettivo principale: avere la fiducia per il governo. «Continueremo a provare a cercare la corresponsabilità di altre forze politiche. Il metodo vale ancora ma, come abbiamo dimostrato oggi, il Pd non sta fermo», è la determinazione del leader Pd che, come ha detto lui stesso citando Vasco Rossi, punta a «correre e fottersene dell'orgoglio». Mettendo a tacere anche i malumori interni di chi ora vede l'intesa con Mario Monti più lontana e il voto più vicino.

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