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Al via il Parlamento, è caos sulle presidenze: ipotesi Monti per il Senato

Cinque fumate nere e niente decisione. No del Pd al Professore, spunta l'ipotesi Finocchiaro. Grillo ribadisce: "Niente alleanze coi partiti". Berlusconi: "Si faccia in fretta". Il Colle tenta la mediazione

ROMA. Cinque fumate nere. E le Camere  ancora senza vertici. Si conclude così la prima, caotica   giornata della nuova legislatura: una partenza in salita,  segnata da una parte dall'impossibilità di eleggere i nuovi  presidenti di Camera e Senato nei primi scrutini e  dall'altra   dal buio fitto che circonda la nascita del nuovo governo.      Le tre votazioni che si sono succedute  a Montecitorio e le  due di palazzo Madama producono solo una montagna di schede  bianche: 450 alla Camera,  223 al Senato. Pd, pdl e montiani  hanno infatti deciso di non scrivere nessun nome sulle schede.  Solo i grillini hanno votato i loro candidati bandiera: Roberto  Fico a Montecitorio Camera (113 voti il suo miglio risultato  nelle tre votazioni)e Luis Alberto Orellana a Palazzo Madama   (52 voti).      Durante la notte il Pd tenterà l'ultimo disperato attacco  alla fortezza del 5stelle, che appare però sempre più  impenetrabile.  Nonostante gli appelli del segretario pd  a non  perdere tempo e a dare un governo all'Italia, Beppe Grillo non  cede dalla sua linea: nessun  accordo «con il partito di  Bersani o di Berlusconi», proclama alla tv pubblica tedesca.      Per sbloccare lo stallo ci vorrebbe un miracolo. Nichi  Vendola chiede un atto «unilaterale» del centrosinistra:  votare il candidato grillino alla Camera  «senza chiedere nulla  in cambio». Ma il Pd non può accontentarsi di una incerta  riconoscenza dei grillini: vuole la garanzia che il movimento   5stelle non si metterà di traverso quando si tratterà di far  nascere il governo alla cui guida si è candidato Bersani.     

Tutto perciò lascia pensare che il Pd dovrà prendere atto  dell'indisponibilità dei grillini a farsi coinvolgere. Ed ecco  che, in previsione dell'insuccesso della strategia di Bersani,   nei palazzi della politica si ragiona sul da farsi  per uscire  dall'impasse.   A muoversi, con tutte le cautele del caso, è  anche il Quirinale, che ha come bussola la necessità di dare un  governo all'Italia.   In serata al colle sale Mario Monti. La strada che il premier  prospetta al Quirinale  è forse ancora più stretta e tortuosa  di quella battuta da Bersani nel suo tentativo di agganciare i  parlamentari grillini.  L'idea è quella di lasciare la guida  del governo, farsi eleggere alla presidenza del Senato   e poi ottenere un nuovo incarico per dar vita a un bis del suo  governo di larghe intese. Ma l'ipotesi va sbattere contro il  muro del pd: il partito di Bersani stronca sul nascere  l'operazione, che, sostengono a largo del Nazareno,  esporrebbe  l'Italia a un vuoto nella guida del governo e darebbe  un'immagine di instabilità all'estero e sui mercati.     

 Lo stop del Pd a Monti manda su tutte le furie Silvio  Berlusconi, che sperava di rientrare in gioco grazie a una  riedizione del governo di larghe intese. Accusando i democrat di  irresponsabilità, il leader del Pdl annuncia che il suo partito  si chiama fuori «da  ogni trattativa di spartizione delle  principali cariche istituzionali». Stando però attento a non  ritirarsi completamente dalla partita per il governo:  «Se ci  sono persone con la testa sulle spalle il governo non solo si  farà ma si deve fare».      Come uscire dunque dall'impasse? Nel Pd, oltre alla pressione  continua  sui grillini, si pensa anche a una carta di riserva:  l'idea è quella di eleggere un montiano alla Camera (Lorenzo  Dellai o Renato Balduzzi) e la democratica Anna Finocchiaro al  Senato. Con l'obiettivo di far assegnare proprio alla  Finocchiaro, una volta acquisito il ruolo di seconda carica  dello Stato,   l'incarico di formare un governo istituzionale  con alcuni obbiettivi circoscritti.        L'unica certezza è che, vada come vada, il presidente del  Senato sarà eletto il presidente del Senato: se la votazione  della mattina andrà a vuoto, nel pomeriggio si andrà comunque  al ballottaggio tra i due candidati più votati. E il vincitore  salirà sulla poltrona più alta di Palazzo Madama. 

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