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Per Monti un mese di lavoro, misure urgenti poi il voto

Una volta approvata la legge di stabilità si procederà allo scioglimento delle Camere, fra il 10 e il 20 gennaio. Si potrebbe andare alle urne il 10 marzo. Il premier nel pomeriggio al Quirinale

ROMA. Dopo le consultazioni informali avviate da Giorgio Napolitano con i leader di Pdl, Pd e Udc si inizia a sbrogliare la matassa istituzionale creatasi con lo “strappo” di Silvio Berlusconi. La road map emersa nei colloqui al Colle, concordata passo passo con Mario Monti, è piuttosto chiara: una volta approvata la legge di stabilità e alcuni provvedimenti ritenuti essenziali sia dal Colle che da palazzo Chigi, si procederà allo scioglimento delle Camere fra il 10 e il 20 gennaio in modo da votare il 10 marzo. Un percorso che di fatto conferma il calendario sin qui ipotizzato al Quirinale e che ha ottenuto il placet di massima da parte di Alfano, Bersani e, naturalmente, Casini.     
Napolitano, che oggi incontrerà Monti nel pomeriggio al Quirinale, ha aggiornato il professore dell'esito dei colloqui. Il premier ha trascorso la giornata a Milano, lontano dai palazzi romani. Senza rinunciare alla prima della Scala. E qui si è lasciato andare ad una battuta: "Il Re Sole si è un po' allontanato da me", ha detto al sito del Sole24ore. Parole che sembrano dirette a Berlusconi, anche se i suoi assicurano che il professore replicava solamente ad una giornalista che gli chiedeva come mai fosse così pallido. La sua presenza alla Scala appare un modo per ostentare serenità e rassicurare sia i mercati che le cancellerie. La road map ipotizzata al Colle è pienamente condivisa dal capo del governo. Monti ha concordato con il Quirinale una serie di misure che a suo giudizio il Parlamento deve varare prima che la legislatura sia archiviata. Proprio su questo, però, restano delle incognite. Il pacchetto di misure considerate improrogabili è stato sottoposto dal capo dello Stato ai partiti. Sia il Pdl che il Pd però, desiderosi di tenersi le mani libere in campagna elettorale, hanno cercato di sfoltire il più possibile la lista. Il Pdl ha garantito solo sulla legge di stabilità, per evitare l'esercizio provvisorio, ma avrebbe fatto informalmente sapere che avrebbe valutato, caso per caso, le altre norme. Ne sarebbe uscito un compromesso che oltre alla “manovra”, salva il decreto Ilva, il pareggio di bilancio e il dl Sviluppo. Resta invece incerto il destino della delega fiscale e della razionalizzazione delle province. Mentre il resto, incandidabilità compresa, sarebbe destinato al binario morto.          
Per evitare sorprese il capo del governo potrebbe recarsi in Parlamento per chiedere il sostegno dei partiti alle misure indicate. E una volta incassati i provvedimenti salire al Colle per rassegnare le dimissioni. I partiti, come si evince dalla nota diffusa dal Quirinale, non si sono invece opposti ad una fine “indolore” della legislatura. Il Colle ha ottenuto che si eviti un voto di sfiducia, evitando un evento traumatico che sarebbe mal visto da mercati e capitali straniere. Sfiducia che potrebbe inoltre rappresentare un ostacolo al futuro del professore. Su questo Napolitano ha trovato un Angelino Alfano piuttosto disponibile: anche il Pdl, infatti, non avrebbe tutto questo interesse a premere il grilletto contro Monti. La strategia elettorale prevede di sparare ad alzo zero sull'Esecutivo, non contro il presidente del Consiglio. Visto che l'ex premier continua a vederlo come un possibile candidato alla guida del governo in caso di impasse elettorale. Qualcosa da ridire, semmai, potrebbe averla il Pd che vedrebbe sfumata la possibilità di additare il Cavaliere come il responsabile della crisi. Anche se non tutti la pensano così visto che l'impopolarità di certi provvedimenti (vedi l'Imu) potrebbero trascinare la corsa del Pdl.     
L'altro nodo sul tappeto è la legge elettorale. Napolitano, nei colloqui al Colle ha sollecitato di modificare perlomeno il premio di maggioranza del Porcellum. Le speranze che i partiti si accordino, però, sono ridotte al lumicino, visto che l'attuale sistema di voto conviene sia a Bersani che a Berlusconi. L'ultimo punto interrogativo riguarda l'election day, fortemente voluto da Berlusconi e - per ragioni diverse - auspicato anche da Monti e Napolitano. Il voto nel Lazio in febbraio appare un vincolo insormontabile, a meno che il governo non imbocchi l'improbabile strada del decreto. Si sta perciò ragionando sull'ipotesi di aggregare le politiche con le regionali di Lombardia e Molise a Marzo.

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