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La candidatura di Lombardo jr, spacca la famiglia

Toti, rampollo del presidente uscente, corre per un posto all'Ars ma lo zio Angelo appoggerà un altro candidato della stessa lista: Dino Fiorenza

PALERMO. Lui dice che non farà «il deputato per vent’anni» e che la vera ambizione è «la laurea in legge e l’abilitazione». Ma intanto Toti Lombardo, rampollo del presidente uscente, a 38 giorni dalle elezioni domina Catania dall’alto di manifesti 6x3 con lo slogan «Liberi di crederci» del Pds. Una candidatura all’Ars che ha spaccato partito e famiglia: Angelo (zio di Toti e fratello di Raffaele) sosterrà un altro candidato della stessa lista, Dino Fiorenza. E così farà Giuseppe, figlio di Angelo, che - secondo i boatos etnei - col cugino ha un rapporto molto gelido.
Chissà se Raffaele Lombardo lo aveva calcolato, lui che ha spaccato i partiti avversari. A Catania tutti sanno che Angelo Lombardo sta sostenendo Dino Fiorenza, ex Pd e Fli, convinto un anno fa a sposare l’Mpa e oggi il Pds. Fiorenza prova a dribblare la spinosa vicenda: «Sono cose che si leggono sui giornali». Poi però si lascia scappare che «certo, il giovane Toti è già abbastanza aiutato». Il figlio di Angelo, Giuseppe, è un quasi trentenne che si muove molto bene nell’ambito universitario e che un pensierino alla politica lo fa da tempo: «Si era parlato anche di una sua candidatura. Ma queste sono cose che riguardano solo la famiglia Lombardo» ammette Nicola D’Agostino, che nell’Mpa è il braccio destro di Giovanni Pistorio e dunque è fuori dalla contesa.
Nel 2008 Angelo fu candidato all’Ars e incassò 18 mila voti, almeno altrettanti sono andati divisi fra vari candidati della lista spinti da Raffaele. E ora in questo scontro che punta alla divisione del patrimonio elettorale dei Lombardo c’è anche chi si vede costretto a cavarsela da solo. Giuseppe Arena non ne fa mistero: «Devo a Raffaele la mia elezione del 2008 all’Ars. Ora invece devo muovermi sulle mie gambe. Non mi sento un concorrente di Toti, anche se con la preferenza unica...». In questo clima da giorni si muove Toti Lombardo, 23 anni, studente della Luiss e ora proiettato dai banchi romani ai circoli catanesi a caccia di voti: «Ho con me un esercito di giovani - ha detto ieri all’Ansa - e stiamo definendo un programma in nove punti. Non saranno le solite, fumose, parole dei politici. Per ogni punto proporremo un disegno di legge». Giovane ma già abbastanza scaltro (o ben consigliato) da capire di non poter bluffare: «Non sono ipocrita e so di essere un privilegiato rispetto a molti miei coetanei. Non penso però ai 15 mila euro di indennità o al vitalizio. E non mi preoccuperò di prebende e clientele. Questo lavoro lo lascerò agli altri deputati, io lavorerò per i giovani».
Il figlio del presidente ha aggiunto che «se e quando finirà l’esperienza autonomista non finirò in un partito nazionale». Parole frutto dell’ammirazione per il padre: «Ha distrutto il vecchio sistema. Mio padre è un demonio, ha sconfitto gli angeli del nulla. Ha scompaginato il consociativismo che ha devastato la Sicilia. Ha avviato un processo nuovo, anticipando di due anni il governo Monti. Da futuro avvocato (gli mancano sette materie) ho letto le carte della vicenda giudiziaria. In famiglia abbiamo vissuto male le accuse di mafia. Mio padre è stato l’unico a dimettersi senza essere rinviato a giudizio. L’iter giudiziario stranamente è stato rallentato con l’intento palese di creare clamore mediatico». Non dimentica di dire che Miccichè «è il candidato col curriculum migliore» e che la più grossa delusione «è il Pd perchè c’è un abisso tra la base fatta di giovani che credono nel cambiamento e i dirigenti». Ma forse ci tiene di più a precisare che «io non sono un Trota in salsa siciliana. Affibbiare etichette è la solita, stupida, abitudine che c’è in Italia. Qualche amico mi ha consigliato l’immagine del tonno...».

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