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Passera: "Basta tasse, ora pensiamo al disagio occupazionale"

Il ministro dello Sviluppo economico: "La politica deve misurarsi in termini di posti di lavoro creati. Dobbiamo ridurre l'abuso del precariato valorizzare il contratto di apprendistato"

ROMA. "L'emergenza non è finita. Il peggio è passato: abbiamo corso davvero il rischio della Grecia, del disastro. Non siamo ancora fuori dal tunnel. Però un progetto di rilancio del Paese è stato avviato con determinazione". Lo afferma il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, in una lunga intervista al Corriere della Sera, nella quale descrive i prossimi interventi del suo dicastero e sottolinea l'attenzione al "disagio occupazionale" che interessa "almeno sei milioni di persone".
"La politica deve misurarsi in termini di posti di lavoro creati - afferma Passera - non solo di Pil e di equilibrio dei conti". Per le imprese, il ministro annuncia che sarà "saldato lo scaduto dei pagamenti privati e pubblici: 60-80 miliardi di debito forzoso", mentre sulle liberalizzazioni è pronto a varare anche più di un decreto al mese, "non solo sulle liberalizzazioni ma su tutti i temi della crescita", precisa. "Per questo procederemo in ogni campo: gas, energia, commercio, trasporti, professioni". Quanto alle banche italiane, il ministro riconosce che "quando l'economia reale va male, ne risentono" ma "ciò non toglie che siano banche strutturalmente sane e forti".
Il tessuto industriale dell'Italia si fonda "su una base di aziende che tiene su l'Italia. Sono le aziende che fanno il 30% del Pil grazie alle loro esportazioni - rileva Passera - grazie a loro, l'Italia non perde quote del commercio internazionale. Dobbiamo fare di tutto per aiutare queste aziende".
Per finanziare i provvedimenti, Passera esclude che si farà ricorso alla tassazione dei cittadini. "Finito. Quel che c'era da fare è stato fatto", le risorse si troveranno attraverso la riduzione dei "costi degli apparati pubblici". Sul mercato del lavoro, il ministro riconosce che va "migliorata la flessibilità in entrata e resa più logica la flessibilità in uscita", quindi "servono contratti più chiari, più responsabilizzanti per le aziende".
"Dobbiamo ridurre l'abuso del precariato - aggiunge - valorizzare il contratto di apprendistato, liberare una generazione dalla condanna a sottolavori senza prospettive".

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