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Musei siciliani restano chiusi di domenica e nei festivi

Il direttore dell’assessorato ai Beni culturali, Gedo Campo sta pensando a carabinieri e poliziotti in pensione per tenerli aperti, salvando la Regione

PALERMO. Alla fine potrebbero essere carabinieri e poliziotti in pensione a tenere aperti musei e siti archeologici siciliani salvando la Regione. A questa soluzione sta pensando il direttore dell’assessorato ai Beni culturali, Gedo Campo, a meno di un mese dall’arrivo dei privati in un settore in cui ancora la maggior parte dei musei resta chiusa la domenica, nei festivi e per alcuni pomeriggi ogni settimana.
Entro fine settembre, anticipa l’assessore Uccio Missineo, la Regione completerà la gara per affidare i servizi aggiuntivi ai privati. Poco dopo i colossi del settore si occuperanno di bookshop, caffetterie, biglietterie impiegando i beni culturali anche in iniziative imprenditoriali. Ma - è il timore dell’assessore - non si può assegnare l’appalto senza garantire che i siti restino aperti: potrebbe accadere che l’impresa investe e ma si ritrova il museo chiuso. Perchè la vigilanza spetterà ugualmente alla Regione.
L’apertura è il punto che la Regione oggi non riesce a garantire. La Uil, con Gianni Borrelli, ha rilevato che ancora oggi la maggior parte dei musei (si pensi a quello archeologico di Agrigento) resta chiusa la domenica pomeriggio e i festivi. Tutte le zone archeologiche chiudono alle 18 anche in estate. E per garantire l’apertura la sola domenica mattina del Palazzo Abatellis e del museo Mirto a Palermo è stato necessario un accordo con i custodi che scade proprio a fine mese.
Difficile superare l’impasse. Perchè la Regione non riesce a dialogare neppure con se stessa. Nella galassia dei beni culturali lavorano - spiega il direttore Campo - circa 1.230 persone. Ma in realtà appartengono a ben due datori di lavoro e a tre categorie diverse. «Il personale - aggiunge Campo - si divide fra Regione e Beni culturali spa. Una società in house della Regione che lavora però come un privato». E che è fin troppo fiscale se è vero che «la metà del suo personale non si può utilizzare nei musei perchè ha la qualifica di archivista. L’altra metà è divisa fra chi ha un contratto full time e chi ha il part time e dunque gli orari di impiego non combaciano. C’è poi chi può stare solo nelle sale, assicurando la cosiddetta fruizione, e non può fare invece la vigilanza per cui si lavora anche la notte e nei festivi». E se queste differenze non fossero sufficienti, ecco che anche nella metà di personale direttamente a carico della Regione «ci sono i custodi che appartengono alla categoria C e possono fare la vigilanza. E poi ci sono gli ex precari, inquadrati nelle fasce A e B, che possono stare solo in sala».
La Uil, ancora con Borrelli, ha proposto di «trasformare i contratti part time in full time e di utilizzare tutto il personale della Beni culturali spa sui siti e nei musei modificando la convenzione fra società e Regione. Infine bisogna rideterminare criteri e mansioni per l’utilizzo del personale». Ma per fare ciò occorrerebbe un nuovo contratto e in un periodo di crisi come questo mancherebbero i soldi.
E allora, ecco la soluzione che Campo sta elaborando: «Io propongo di stipulare una convenzione con le associazioni d’arma. Ex poliziotti, carabinieri e finanzieri vanno in pensione in età ancora relativamente giovane e hanno l’esperienza per garantire la vigilanza». E così, la Regione che ha oltre 1.200 lavoratori nel settore potrebbe ricorrere all’esterno (pagando). Per decidere c’è meno di un mese di tempo.

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