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Dirigenti esterni, la corte costituzionale dà ragione alla Sicilia

L'organizzazione degli uffici regionale spetta come prevede lo Statuto alla Regione. Con questa motivazione la consulta ha chiuso il braccio di ferro tra il governo nazionale e quello di Lombardo

PALERMO. L'organizzazione degli uffici regionali, spetta come prevede lo Statuto alla Regione Siciliana. Con questa motivazione la Corte Costituzionale ha chiuso il braccio di ferro tra il Governo nazionale e quello regionale sulla nomina dei dirigenti regionali. La linea scelta il 29 dicembre del 2009 dalla Giunta regionale siciliana era lecita. Il governo nazionale ha impugnato le nomine dei 9 dirigenti generali esterni fatte dalla giunta Lombardo nella notte fra il 29 e 30 dicembre. In quella seduta la giunta nominò nove dirigenti.



Nel mirino del governo nazionale sono finite le nomine di Rossana Interlandi (dipartimento Energia), Romeo Palma (Ufficio legale), Rino Lo Nigro (Agenzia per l'impiego), Patrizia Monterosso (Istruzione e Formazione), Nicola Vernuccio (Attività produttive), Maurizio Guizzardi (Sanità), Gian Maria Sparma (Pesca), Mario Zappia (Osservatorio epidemiologico) e Salvatore Barbagallo (Agricoltura). Tutti hanno compensi compresi fra i 150 mila e i 250 mila euro lordi annui. Era stato il ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, a proporre la mossa al Consiglio dei ministri. Fitto è un ex forzista transitato nel Pdl.



La Regione assistita dal professore Giovanni Pitruzzella ha fatto valere le proprie motivazioni. Tecnicamente il Consiglio dei ministri aveva sollevato un conflitto di attribuzioni. Davanti alla Corte costituzionale ha tentato di dimostrare che l'atto amministrativo (e non in generale la legge regionale) ha violato una serie di norme. In primis, il governo nazionale ha ritenuto che erano stati violati gli articoli 3 e 97 della Costituzione che fissano i principi di eguaglianza e interesse della pubblica amministrazione. La Regione aveva nominato i nove dirigenti esterni applicando una legge del 2000 riformata nel novembre 2008 che permette di assumere esterni nel limite del 30% del numero di superburocrati interni. Ma secondo il governo nazionale tutto ciò era in conflitto con una norma statale che individua un limite di appena il 10%. Infine, "i richiamati provvedimenti regionali - si leggeva nella nota ufficiale del Consiglio dei ministri - non hanno previsto alcun riferimento al prescritto scrutinio circa la ricorrenza di presupposti oggettivi di interesse pubblico perché un incarico di direttore generale sia affidato ad un soggetto "estraneo" all'amministrazione".


Le scelte di Lombardo erano finite nel mirino del Pdl ufficiale e dell'Udc che hanno presentato interrogazioni all'Ars sostenendone l'illegittimità:i due partiti di opposizione puntavano sul fatto che non era stato preventivamente verificato se fra i 2.100 dirigenti interni di vario livello ci fossero le professionalità necessarie a rivestire gli incarichi affidati agli esterni. Inoltre lo stesso governo regionale aveva dovuto districarsi nell'interpretazione delle norme perchè in un primo momento aveva annunciato che gli esterni potevano essere 8, salvo poi nominarne 9 e ricorrere a un parere dell'Ufficio legale per sorreggere questa interpretazione (che allarga la base su cui parametrare il limite del 30%). Poi, un pool di esperti chiamati da Lombardo (fra cui il ragioniere generale Enzo Emanuele, il capo del Personale Giovanni Bologna) aveva "approvato" i curricula degli esterni. La Corte Costituzionale ha impiegato un anno per decidere sulla questione.



Nell'attesa i dirigenti hanno continuare a lavorare nei rispettivi ruoli. Soddisfatto Raffaele Lombardo per la decisione della Corte Costituzionale. "La sentenza della Corte Costituzionale corrobora le prerogative del nostro Statuto, rinforza e rinsalda i principi dell'Autonomia. Le parole degli "ermellini" - ribadisce il presidente della Regione - chiariscono senza alcun dubbio quali siano gli ambiti di intervento dei principi autonomistici, ricordando allo Stato quanto sia importante e non alienabile, in termini "oggettivi", la nostra competenza anche in una materia così delicata come è quella di determinare i vertici operativi dell'amministrazione". Adesso la decisione dei giudici potrebbe avere un peso anche sui ricorsi al Tar presentati da alti dirigenti esclusi dal turn-over deciso dal governo.

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