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Riforma elettorale, primi accordi all’Ars

Prevista una scheda unica con l’obbligo di indicare esplicitamente il candidato sindaco e quello per il consiglio comunale. Sarà sempre possibile il voto disgiunto. Discussione aperta su altre proposte: pluripreferenza e incompatibilità di cariche

PALERMO. A fine mattinata è stato il presidente della commissione Affari istituzionali dell’Ars, l’autonomista Riccardo Minardo, a dare l’annuncio: «Sulla scheda unica con l’obbligo di indicare esplicitamente il candidato sindaco e quello per il consiglio comunale c’è l’accordo». È la mossa che può sbloccare la riforma elettorale per le Amministrative, maturata dopo una mediazione fra le richieste del Pd, azionista di maggioranza della coalizione che guida la Regione, e gli alleati dell’ex centrodestra (Mpa, Fli, Udc e Api).
Adesso tocca a Minardo mettere a punto un testo finale, entro domani, per essere approvato in fretta e spedito in aula all’Ars per la prossima settimana: in tempo per le elezioni di primavera. L’accelerazione chiesta dal Pd è dunque arrivata. Ma i nodi da risolvere restano. E il testo di Minardo prevederà in alcuni punti un piano A e un piano B in attesa dell’accordo.
Per quanto riguarda il numero di schede, il Pd chiedeva di passare dall’unica attuale a due. I democratici individuavano in questa soluzione la possibilità di inceppare la macchina elettorale del Pdl e del Pid che attraverso il traino delle liste ha sempre spinto i propri candidati sindaco. È quello che in casa Pd chiamano effetto Cammarata o Scapagnini, trainati dal simbolo di Berlusconi. Col sistema attuale, infatti, chi vota per il candidato consigliere dà automaticamente il consenso al candidato sindaco anche se non mette la croce sul nome corrispondente. La mediazione trovata, a cui hanno lavorato soprattutto i finiani Livio Marrocco e Luigi Gentile, prevede la scheda unica ma con l’obbligo di indicare esplicitamente il candidato sindaco che si vuole votare. In pratica, se si voterà un consigliere il voto non verrà automaticamente esteso al candidato sindaco della stessa coalizione. Inoltre, sarà sempre possibile il voto disgiunto: cioè proprio la possibilità di votare il candidato consigliere di uno schieramento e il sindaco di un’alleanza diversa.
Il Pd incassa il risultato: «Da troppi anni - ha detto Baldo Gucciardi - assistiamo a sindaci eletti anche grazie a fiumi di voti inconsapevolmente espressi degli elettori. Così il voto dei siciliani è più libero e può rinnovare la vita politica e amministrativa nei Comuni». Francesco Musotto, capogruppo dell’Mpa, sottoscrive il patto: «Io sarei arrivato anche alla doppia scheda. Ma credo che questa sia la mediazione più efficace».
Giuseppe Lupo, segretario del Pd, ha provato a tendere la mano al Pdl: «Facciamo insieme la riforma» ha detto a Giuseppe Castiglione. Ma il coordinatore dei berlusconiani ha risposto picche: «Secondo noi bisogna impegnarsi prima sulla Finanziaria».
Discussione aperta su altre proposte. La prima riguarda la pluripreferenza: la possibilità di esprimere fino a tre voti per i candidati consiglieri (oggi si può scrivere un solo nome). Il Pd, con Antonello Cracolici, ha proposto di blindare anche uno di questi tre prevedendo che sia espresso obbligatoriamente il nome di una donna. L’Udc, con Giulia Adamo, ha storto il naso: «No a riserve indiane. Mantenere la preferenza singola è il miglior modo per avere donne competenti nelle istituzioni ed evitare quello che succede a Roma, dove in Parlamento non è difficile trovare persone scelte solo in base a particolari ”attitudini”».
Nicola D’Agostino, deputato dell’Mpa, ha proposto di togliere il limite di due mandati per i sindaci ma l’idea non piace a tanti. Dovrebbe passare invece la possibilità di estendere il sistema maggioritario ai Comuni che hanno fino a 15 mila abitanti: oggi il limite è di 10 mila. Favorevole il Pd con Antonello Cracolici. Mentre per i Comuni che hanno meno di 3 mila abitanti e dunque 12 consiglieri si propone di assegnare 8 membri alla maggioranza e 4 all’opposizione (oggi si può arrivare a 7 contro 5 rischiando di arrivare alla paralisi del consiglio in caso di cambi di casacca). Va ancora trovato l’accordo sulla proposta di togliere l’incompatibilità fra il ruolo di consigliere comunale o provinciale e quello di assessore.

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