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Federalismo fiscale, La Loggia: in Sicilia si usino meglio le risorse

Il presidente della commissione Bicamerale per l’attuazione della riforma: "Nell'Isola troppi dipendenti e precari del settore pubblico". Entro gennaio dovrebbe essere approvata la nuova legge nazionale

PALERMO. Il federalismo fiscale implica una riduzione delle risorse destinate alle regioni a statuto speciale e una sostanziale sovrapposizione delle competenze attribuite alle diverse regioni. Ciò comporterà un'attenuazione delle politiche ispirate ai valori della solidarietà e della redistribuzione. E’ questo l’argomento dibattuto ieri a Palazzo dei Normanni, con un seminario dal titolo “La capacità fiscale della regione Siciliana” organizzato dall’associazione della Libera Università della Politica, fondata da padre Ennio Pintacuda, in collaborazione con l’associazione degli ex Parlamentari della Repubblica. Ma la Sicilia in quale posizione si trova? “Basta pensare che le risorse aggiuntive di cui la Regione siciliana ha goduto servono ad alimentare un apparato burocratico regionale – dice Enrico La Loggia, presidente della commissione Bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale - che supera, quanto a numero di addetti, il totale dei dipendenti delle regioni a statuto ordinario dell’Italia settentrionale; e che la metà dei lavoratori precari del settore pubblico si trova oggi in Sicilia”. Entro giugno il governo nazionale dovrebbe approvare i decreti attuativi del federalismo fiscale che entro gennaio 2011 diventeranno legge dello Stato: “Ecco perché bisognerebbe impegnare l’attuale classe dirigente – dice Giacomo Greco, direttore generale della Lup – in un serio processo di riforme che accompagni la Sicilia nel difficile passaggio dall’assistenzialismo al vero sviluppo; non solo, ma abbiamo bisogno di una nuova classe dirigente che non permetta gli scippi del governo nazionale nei confronti della Sicilia e sul suo statuto speciale, che è legge costituzionale  e viene continuamente mortificato”.

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