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Lombardo, trattative con i big del Pdl

Dopo l'incontro a Roma con il ministro Prestigiacomo, il presidente della Regione sembra aver ripreso il suo dialogo con il partito di Fini e Berlusconi. Le tappe di un riavvicinamento

PALERMO. Un vertice andato in scena col ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e uno solo sfiorato col premier Silvio Berlusconi. Per un giorno, Raffaele Lombardo è tornato a dialogare a Roma con i big del Pdl. Al ministero dell’Ambiente il governatore è arrivato su spinta di Gianfranco Miccichè e insieme all’assessore Pier Carmelo Russo. Sul tavolo il piano per superare l’emergenza rifiuti in Sicilia: dopo le anticipazioni della Prestigiacomo sulla volontà di realizzare tre termovalorizzatori di piccole dimensioni, Lombardo ha discusso per la prima volta i dettagli del piano. Primi segnali di un dialogo almeno su questo fronte. In serata, poi, Lombardo era atteso a Palazzo Grazioli. Anche in questo caso complice Miccichè, lo spunto per far incontrare il premier e il governatore «ribelle» è stato offerto dalla paralisi in cui è piombata la trattativa per l’elezione del presidente della conferenza Stato-Regioni: centrodestra e centrosinistra non sarebbero nelle condizioni di raggiungere il numero minimo di voti per eleggere un loro candidato e il voto di Lombardo potrebbe risultare decisivo. Ma la spinta di Miccichè nascerebbe anche dall’auspicio che una ripresa del dialogo fra Berlusconi e Lombardo faciliti la trattativa che lo vede impegnato col Pdl ufficiale per una (difficile) riunificazione delle due ali del partito. Lombardo però fino a tarda sera non era andato a Palazzo Grazioli, non rispondendo all’invito. Ufficialmente perché all’incontro erano stati convocati solo i governatori di centrodestra e lui invece in questa fase politica vuole mantenere il profilo autonomista. Ma l’assenza è dovuta anche, e soprattutto, alla volontà di non intaccare il delicato rapporto col Pd in Sicilia, oggi più che mai decisivo per la sopravvivenza del governo. Tenere vicino a sè il Pd non è però sufficiente a Lombardo in questa fase. Il governatore ha più di una spina in Sicilia. Da giorni infatti deve fare i conti col malessere ormai sempre più evidente di Caterina Chinnici, magistrato chiamato in giunta per guidare l’assessorato alla Famiglia prima e quello al Personale adesso. A poco meno di un anno dall’ingresso in giunta, il bilancio della Chinnici non è positivo: «Ogni esperienza - ha detto ieri l’assessore - ha in sè un valore proprio in quanto esperienza. La mia motivazione, che è quella di lavorare allo sviluppo di questa terra, è l’unica cosa che supporta il mio attuale impegno. Ma non immaginavo di trovare una situazione così complicata e che si è complicata ancora di più negli ultimi mesi. Da quando sono entata in giunta a oggi tutto si è complicato. E questi toni accesi, frutto della situazione politica, contribuiscono ad aumentare i problemi. Sono toni che per formazione personale non mi appartengono».  Nelle ultime settimane le apparizioni pubbliche dell’assessore si sono praticamente azzerate, così come i comunicati e in generale l’immagine della sua presenza nella giunta Lombardo: «Le ripercussioni di queste difficoltà - ha aggiunto la Chinnici - si sono viste nel lavoro quotidiano. Ci sono un sacco di iniziative avviate che sono andate disperse per problemi politici. Questo mi dispiace molto. In questo anno non ho potuto fare tutto quello che avrei voluto, soprattutto nel campo del sociale». E da giorni l’assessore si sta consultando con le persone a lei più vicine in vista di un eventuale rimpasto: «Cosa farei in caso di rimpasto? Dovrei valutare se restare in giunta. Oggi non saprei proprio cosa rispondere». Al giudizio ha contribuito il pasticcio sui nove dirigenti esterni che la giunta ha reclutato a fine dicembre e che ora sta per licenziare dopo una serie di pareri che ne certificano l’illegittimità della nomina: «In questa vicenda - ha concluso la Chinnici - ci sono stati errori fin dall’inizio. In questo momento credo che non ci sia altra soluzione che la revoca dei contratti. Alcuni di questi dirigenti non hanno i requisiti, dunque non c’è altra possibilità».

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