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Stage nelle aziende, posto per 3.500 giovani

L’assessore Centorrino: con l’avviso 6, destinato agli antichi mestieri, stiamo finanziando corsi con esperienze professionali in antiche botteghe per rilanciare lavori che stanno scomparendo

PALERMO. Un budget da circa 600 milioni che corrisponde però, per almeno la metà, a una spesa ingessata per finanziare corsi di formazione professionale che non soddisfano le esigenze del mercato. Eccola la sfida di Mario Centorrino, professore di Economia politica chiamato in giunta da Lombardo: trasformare in investimenti quelle che oggi lui stesso definisce spese «quasi assistenziali». E nell’attesa di riuscirci, scatta la stagione dei tirocini formativi retribuiti con i fondi europei: subito disponibili circa 3.500 posti che prevedono borse mensili da 400 a 800 euro.

Professore, a quanto ammonta esattamente il budget per la formazione professionale?

«Abbiamo a disposizione 242 milioni per finanziare i corsi tradizionali della legge 24, quelli della Regione. Poi ci sono i fondi europei e si arriva così a circa 600 milioni all’anno».

Quali sono i progetti che state realizzando con i fondi europei?
«Con l’avviso 6, destinato agli antichi mestieri, stiamo finanziando corsi con esperienze professionali in antiche botteghe per rilanciare lavori che stanno scomparendo. Abbiamo stanziato 78 milioni per circa 2 mila giovani. I tirocini partiranno tra fine aprile e i primi di maggio. I ragazzi possono presentare domanda presso gli enti ammessi al finanziamento per organizzare i tirocini».

E le work experience?
«Abbiamo stanziato 80 milioni con cui 1.500 giovani verranno impiegati in azienda per almeno 10 mesi con un compenso di circa 800 euro lordi. Anche in questo caso i ragazzi dovranno poi presentare una domanda agli enti di formazione ammessi ad organizzare work experience. Il progetto presentato da ogni ente prevede già le aziende in cui lavoreranno i giovani. Sarà l’imprenditore a formarli e a quel punto speriamo che poi questi ragazzi vengano anche assunti. Infine, entro il mese di aprile pubblicheremo la graduatoria dell’ultimo bando, il numero 8, per lo sviluppo dei saperi e delle competenze: sono pronti altri 180 milioni».

Si è parlato anche di un progetto destinato alla pesca.
«Sì, si chiama In.for.Mare. Abbiamo stanziato 36 milioni per due anni. Si tratta di un progetto destinato ai marittimi, che dovrebbero frequentare a loro spese corsi per ottenere uno speciale patentino. Così saremo noi a finanziare i corsi, che diverranno gratuiti per i marittimi».

Eppure il Pd con Rita Borsellino e Giovanni Barbagallo continua a fornire dati provenienti da Bruxelles e Roma secondo cui l’unico settore in cui fino a ora si sono persi fondi europei è proprio la formazione professionale. Si parla di 55 milioni da restituire all’Ue perchè non investiti.
«Non abbiamo perso fondi, e non ne perderemo. I 55 milioni di cui tanto si parla sono stati salvati dirottandoli sul fondo Jeremy. In seguito li utilizzeremo per finanziare il microcredito alle piccole imprese».

Torniamo alla formazione finanziata con i fondi regionali. Ha cercato in tutti i modi di cambiare i corsi, anche proponendo di sospenderli per un anno. A che punto è il suo progetto di rinnovamento?
«Fino a ora ho dovuto concentrarmi sui controlli della spesa, per renderla trasparente e limitarla. Non possiamo negare che il settore ha dei meccanismi che incoraggiano, per così dire, l’aumento della spesa. Pensi che ci siamo accorti che ci sono enti che preferiscono perdere soldi pur di non rendicontare alcuni corsi. Evidentemente sulla trasparenza di questo settore c’è molto da lavorare».

E nel frattempo si finanziano sempre corsi per parrucchieri ed estetisti...
«Questa è la seconda fase del mio progetto. Una volta resa la spesa stabile e trasparente dobbiamo introdurre nuove tipologie di corsi. Io punterei su alcune priorità semplici ma di sicuro successo»

Prego.
«Io introdurrei corsi di formazione di inglese per livelli molto alti. Penso a quelli che attribuiscono brevetti tipo il Toefl o altri equivalenti. Si tratta di brevetti molto richiesti dal mercato. Avere queste competenze metterebbe i nostri giovani in competizione a livello europeo: oggi invece la maggior parte dei nostri ragazzi sull’inglese cade ai colloqui. Al contrario, il secondo punto è fare in modo che attraverso la formazione si insegni l’italiano agli immigrati. Infine, bisogna coinvolgere le università nei corsi di formazione».

Tutto questo si scontra però con formatori selezionati in base a una legge del ’76. Non hanno le competenze più moderne per aggiornare i corsi. Come fare allora?
«Il problema è proprio questo, rendere questi 6.700 lavoratori una variabile dipendente e non indipendente rispetto a quello che si vuole fare. Servono innanzitutto prepensionamenti e riallocazione in altri settori lavorativi altrimenti per loro è meglio parlare di una spesa che ha lo stesso obiettivo del salario minimo. Ho insediato un tavolo tecnico con sindacati e docenti universitari in cui si parlerà anche dell'opportunità di accorpare o consorziare gli enti di formazione salvando quelle specificità che seppur di piccola entità dimostrano di offrire percorsi formativi che hanno un riscontro con il mondo del lavoro».

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