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In Sicilia sempre peggiori?

Se le riforme rappresentano, come è stato promesso, l’indirizzo qualificante del «Crocetta ter», ci aspettiamo provvedimenti veri e visibili, cominciando dal personale regionale. Il primo banco di prova è infatti quello della mobilità; un tema si badi bene che non riguarda i livelli retributivi dei dipendenti ma piuttosto la funzionalità dell’Amministrazione regionale, bloccata in una trappola paradossale tra uffici in esubero ed uffici in difetto di personale.

Eppure le resistenze al cambiamento sono enormi. Quale datore di lavoro privato sarebbe mai disposto a tollerare un vincolo che gli impedisse di utilizzare il personale laddove serve? Questo banale principio di produttività non esclude ovviamente le amministrazioni pubbliche, ma in Sicilia resta lontano anni luce dalla cultura delle burocrazie e dalla incultura della politica.

La fervida fantasia dei politici e dei burocrati regionali ha consentito per anni la sopravvivenza di quello strumento arcaico che risponde alla definizione di interpello, in forza del quale è il lavoratore e non il datore di lavoro a scegliere la propria sede. A dire la verità persino qualche sindacato ha denunciato l'anomalia dell'interpello e proposto il suo superamento, ma neanche questa importante apertura di credito da parte sindacale è stata sufficiente a sconfiggere l'inerzia della Regione Siciliana. Così è stato almeno fino al gennaio del 2012, quando l'Assemblea Regionale ha votato la legge 9 che (in teoria) mandava in soffitto l'interpello.

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