Il Brasile vive il suo «Capitol Hill»: migliaia di sostenitori dell’ex leader Bolsonaro, avvolti nei colori della bandiera, ieri hanno fatto irruzione nei tre principali palazzi della politica, Parlamento, Presidenza e Corte Suprema. Dopo aver valutato la possibilità di schierare «l’esercito per far sgomberare l’assedio», la polizia, sparando lacrimogeni e persino proiettili di gomma dagli elicotteri, dopo il controllo della Corte suprema, è riuscita a fatica a riguadagnare anche il terreno del Planalto, sede della presidenza, fino anche a quello del Congresso. Nei raid della polizia ci sono 1.200 arresti. Ma è polemica sui ritardi.
Ritornata la calma
Il segretario esecutivo del Ministero della Giustizia brasiliano, Ricardo Cappelli, appena nominato dal presidente Inacio Lula da Silva a capo dell’intervento federale, ha spiegato che la situazione a Brasilia è ora «sotto controllo». Dopo la dispersione dei manifestanti iniziata ieri notte, le operazioni - ha detto - riprenderanno tra poche ore. «Tutto sarà debitamente indagato. I criminali continueranno a essere identificati e puniti», ha scritto sui social. In base al decreto emanato nella notte da Lula Cappelli, alle dirette dipendenze del capo dello Stato, potrà adottare «tutte le misure necessarie di ordine pubblico» per porre fine alla rivolta che ieri notte ha portato all’irruzione degli ultrà di Bolsonaro nelle tre istituzioni democratiche del Paese.
Rimosso il governatore di Brasilia
Intanto è stato rimosso il governatore di Brasilia. Oggi riunione di emergenza. Bolsonaro dalla Florida respinge le accuse di essere «responsabile» della rivolta. Da Usa e Ue pieno sostegno a Lula. Meloni: «Immagini inaccettabili».
Bolsonaro respinge le accuse
«Respingo le accuse, senza prove, a me attribuite dall’attuale capo di Stato del Brasile. Durante tutto il mio mandato, ho sempre rispettato la Costituzione, rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà». L’ex presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, ha così risposto via Twitter, alle accuse arrivate da Brasilia dal Lula subito dopo i violenti attacchi dei suoi sostenitori alle istituzioni brasiliane. Poi la condanna degli attacchi: «Le manifestazioni pacifiche, sotto forma di legge, fanno parte della democrazia. Tuttavia, i saccheggi e le invasioni di edifici pubblici come avvenuti oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sfuggono alla regola» ha aggiunto l’ex presidente in tweet.