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Dall'11 settembre a Kiev: chi era Renaud, il giornalista Usa ucciso a Irpin

Brent Renaud, il giornalista ucciso

Il coraggio e lo spirito di avventura non mancavano a Brent Renaud, pluripremiato regista e produttore di documentari con una grande passione: quella per la professione di reporter di guerra. La sua ultima sfida, raccontare l’orrore del conflitto in Ucraina e soprattutto l’Odissea dei profughi verso un porto sicuro nel cuore dell’Europa. Per questo si trovava ad Irpin, una ventina di chilometri a nordovest di Kiev, per filmare la colonna formata perlopiù da donne, bambini, anziani in fuga dalle bombe piovute copiose nelle ultime ore. Pur conoscendo i rischi, mai avrebbe immaginato di diventare la prima vittima americana di un contesto bellico divenuto sempre più pericoloso e violento.

Brent, 50 anni, nato in Tennessee ma cresciuto a Little Rock, in Arkansas, è stato colpito mentre su un’auto con a bordo altri giornalisti stava attraversando un ponte sul fiume che dà il nome alla città di Irpin, un affluente del Dnipro. Appena superato un checkpoint gli spari improvvisi da parte dei russi lo hanno raggiunto al collo, uccidendolo praticamente all’istante. Mentre un collega, Juan Redondo, anch’egli cittadino americano, è rimasto ferito ma non in maniera grave. E’ stato proprio quest’ultimo, fotoreporter e docente alla Columbia University di New York, a raccontare dal letto di un ospedale la dinamica di quanto accaduto a lui e al suo amico Brent. Quello dell’imboscata è più di un sospetto. Tanto che il sindaco di Irpin, Oleksandr Markushin, ha deciso di bloccare d’ora in avanti l’accesso in città a tutti i giornalisti per motivi di sicurezza.

La Casa Bianca parla di «shock enorme e orribile» e per bocca del consigliere per la Sicurezza nazionale Jack Sullivan promette «una risposta adeguata». In un primo momento si era creduto che il videoreporter ucciso fosse in forza al New York Times, come recitava il badge che aveva con sé e la cui immagine è stata postata su Twitter. E’ stato poi il giornale stesso a spiegare che Brent Renaud, pur avendo collaborato in passato col Times, non era in Ucraina per il quotidiano statunitense. E che le credenziali rinvenute si riferivano a una missione di qualche anno fa.
Non c’è teatro di guerra che Brent non abbia conosciuto lavorando non solo per il New York Times, ma anche per Boston Globe, Nbc, Discovery Channel, Pbs, Vice News. Dopo aver iniziato la carriera di reporter in occasione degli attentati dell’11 settembre 2011, Renaud con le sue riprese ha raccontato gli eventi più drammatici delle guerre in Afghanistan e in Iraq. Non solo, ha mostrato al mondo anche le immagini del terribile terremoto ad Haiti nel 2010, delle violenze dei cartelli della droga in Messico, della primavera araba in Egitto e del dramma delle carovane di migranti del Centro America. Lavori, tra cui anche alcune serie per il canale Hbo, che sono valsi a lui e al fratello Craig, con cui aveva fondato la piccola casa di produzione Ranaud Brothers, diversi premi internazionali. Come il George Foster Peabody Award, destinato alle eccellenze nel settore delle trasmissioni radio e tv.

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