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Putin scatena la guerra ai social e oscura Facebook e Twitter, la Bbc riapre Radio Londra

Vladimir Putin

Mosca stringe sui media, per oscurare la narrazione sulla guerra e rispondere alle sanzioni del mondo occidentale e dei Big della tecnologia. Limita l’accesso ai siti d’informazione, annuncia il blocco di Facebook e Twitter, mentre approva anche una legge che prevede multe e carcere per chi diffonde ‘fake news’ sul conflitto. Per tutta risposta la Bbc ritira i suoi giornalisti dalla Russia e riapre le trasmissioni ad onde corte come ai tempi di Radio Londra, evocando un sistema che ha già scritto la storia degli eventi bellici del ‘900. Mentre la radio Eco Mosca resiste e continuerà a trasmettere su YouTube.

In una escalation pari a quella militare la Russia, attraverso il Roskomnadzor, l’agenzia che controlla le comunicazioni, sta bloccando di ora in ora l’accesso a numerosi media indipendenti e ha annunciato prima il blocco di Fb, poi quello di Twitter. Meta ha subito rassicurato sul fatto che “farà il possibile per ripristinare il servizio e dare la possibilità agli utenti di esprimersi in sicurezza e mobilitarsi». Ma intanto la Duma ha approvato una nuova stretta: multe e fino a 15 anni di carcere per chi diffonde fake news sull’esercito.

In risposta a queste misure la Bbc ha annunciato «la sospensione temporanea» delle attività dei suoi giornalisti e del personale tecnico in Russia e ha ripristinato il ritorno alla trasmissione a onde corte evocando gli anni bui di Radio Londra. La tecnologia soppianta dal digitale consente la trasmissione di un segnale ad ampio raggio per rispondere alla grande richiesta di informazione arrivata dagli utenti del Paese (il traffico sul sito in lingua russa è triplicato nelle ultime settimane). Il giornale Novaia Gazeta, per evitare di incorrere nelle nuove sanzioni, ha intanto eliminato parte dei suoi contenuti, mentre la testata Znak.com ha sospeso l’attività.

Lunga la lista dei siti a cui Mosca ha limitato l’accesso: Meduza, Svoboda, quello dell’emittente tedesca Deutsche Welle, il sito web in lingua russa fondato dagli Stati Uniti Radio Free Europe/Radio Liberty. Wikipedia, l’enciclopedia libera e partecipata è stata minacciata di blocco per un articolo sulle vittime civili e militari. Resisterà su YouTube, chissà fino a quando, Eco Mosca, storico canale radiofonico russo a cui le autorità hanno staccato la spina perché continuava a definire quella in corso una guerra e non un’operazione militare temporanea.

Intanto, gli Stati Uniti rispondono alle restrizioni mettendo nella blacklist 11 media controllati dall’intelligence russa e i loro dirigenti per la diffusione di disinformazione volta a giustificare l’invasione dell’Ucraina. Non ci sono però nella lista Russia Today RT e Sputnik, su cui invece c’è stata una stretta nei giorni scorsi in Europa e Ucraina, di società tecnologiche come Meta, Google e Twitter. Secondo il network giornalistico Newsguard la propaganda russa può contare su oltre 100 siti e ha anche stilato la lista delle dieci principali bufale diffuse, tra cui una base militare Nato a Odessa. Per il Cremlino e la circolazione della notizie filo governative, potrebbe però aprirsi la grana Yandex, definito il «Google russo» per la sua dimensione e ampiezza di servizi, un motore di ricerca su cui passa il 60% del traffico del Paese. La società, che ha sede legale nei Paesi Bassi ma gli uffici principali in Russia, ha lanciato l’allarme che potrebbe andare in default dopo che è stato sospeso dalle negoziazioni sulla borsa digitale di New York. Secondo l’ex direttore delle news della piattaforma, Lev Gershenzon, il motore di ricerca è «un elemento chiave per nascondere informazioni sulla guerra».

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