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Papa: "Anche io mi inginocchio sulle strade di Myanmar"

Papa Francesco

"Anche io mi inginocchio sulle strade di Myanmar": Papa Francesco evoca l’immagine della suora che nei giorni scorsi ha bloccato la carica dei militari pronti a intervenire sulla folla che chiedeva democrazia per il paese asiatico, e chiede che "prevalga il dialogo". In Myanmar, ha sottolineato al termine dell’udienza del mercoledì, "molte persone, soprattutto giovani, stanno perdendo la vita per dare speranza al loro paese".

"Anche io", ha ripreso il Pontefice parlando a braccio dopo i saluti in tutte le lingue ai fedeli che seguivano l’udienza in streaming per causa del coronavirus, "stendo le braccia e dico 'cessi la violenza', 'prevalga il dialogo'".

"Il sangue non risolve niente, prevalga il dialogo", ha ripetuto. Tra gli entri controllati e sottoposti a una inchiesta ufficiale, vi sono anche l’Ong Oxfam e "Karuna Mission Social Solidarity", la Caritas birmana : con loro tutte le Ong sono tenute a segnalare tutte le transazioni finanziarie con l’estero. L’Agenzia Fides ha appreso che gli uffici di "Karuna" nelle diocesi di Hakha e Loikaw sono già stati già visitati da ufficiali dell’esercito che hanno disposto controlli anche in tutte le altre sezioni e sedi diocesane della Caritas birmana.

Gli ufficiali militari hanno chiesto ai funzionari Caritas che tipo di supporto hanno offerto nel corso delle elezioni nazionali del novembre 2020. "Karuna" ha ribadito che la sua attività è di carattere caritativo, umanitario e sociale e che non sostiene alcun partito politico. "Stiamo assistendo a una vera escalation della violenza dei militari. Solo ieri a Yangon e nei dintorni abbiamo contato 189 morti, come riferisce la rete di informazione capillare Myanmar Now, cui fanno capo molti attivisti", dice intanto all’Agenzia Fides una fonte della comunità cattolica di Yangon, che tiene l’anonimato per motivi di sicurezza, "Ma, secondo noi, i morti potrebbero essere anche di più. La repressione si fa più dura e la popolazione soffre terribilmente, ma non si arrende".

La protesta pacifica dei giovani, avviata dopo il golpe del 1 febbraio, non accenna a diminuire. Di fronte a questa violenza i leader e gli operatori religiosi delle diverse comunità di fede si sono schierati a fianco della popolazione con la preghiera, l’aiuto morale e materiale, il contributo nel confortare e gli afflitti e curare i feriti.
In questo scenario, in un messaggio pervenuto all’Agenzia Fides, la Commissione dei monaci buddisti di Mandalay, parte di una organizzazione spontanea che si definisce "Rete di protesta dei monaci buddisti", mette in guardia i militari che stanno occupando templi, monasteri e luoghi di preghiera buddisti, chiedendo la fine immediata della violenza dell’esercito e dell’occupazione dei loro edifici. Se l’esercito proseguirà in questa violenza, i monaci si dicono pronti a sfilare per le strade, organizzando marce silenziose di protesta in tutto il paese.

Intanto il regime militare del Myanmar ha messo in atto una stretta ufficiale verso Ong internazionali e locali tramite strumenti e canali finanziari: la Banca centrale del Myanmar ha ordinato alle banche private in tutto il paese di presentare tutti i conti bancari delle Ong entro oggi, 16 marzo 2021. Come appreso da Fides, il regime militare intende fermare e intimidire le organizzazioni della società civile sospettate di fornire sostegno finanziario al Movimento di disobbedienza civile o di aver fornito supporto politico ed economico a partiti come la "Lega nazionale per la Democrazia" o a organizzazioni sociali e politiche che non sostengono la giunta. Il regime ha già assunto il controllo dei conti bancari della "Open Society Foundation" (OSF), appartenente a George Soros, annunciando che intraprenderà un’azione legale contro la fondazione, accusata di aver violato i regolamenti per le Ong. AGI

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