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È di un palermitano uno dei ristoranti più famosi in Germania: «Così lo Stato ci sta aiutando»

Il palermitano Salvatore Rattoballi

I tedeschi? «Pensano che la Germania debba aiutare l’Italia, ma chiedono controlli rigorosi sulla destinazione finale dei fondi europei», spiega Salvatore Rattoballi, Totò per gli amici di Palermo, la sua città, dalla quale partì diciotto anni fa, destinazione Germania. Figlio di una famiglia di fornai, oggi ha 56 anni e vive a Dusseldorf, dove nel 2012 ha aperto una pizzeria dal nome italiano, Romantica, che per tre anni di seguito è stata premiata da Tripadvisor come la migliore pizzeria tedesca. È un piccolo imprenditore, ma il nome del suo ristorante, dove oltre alla pizza è possibile apprezzare anche la pasta e altri piatti tipici della cucina italiana, è noto anche fuori dai confini della città.

Il popolo tedesco ritiene che l’Unione Europea debba aiutare l’Italia?

«I tedeschi vorrebbero senz’altro aiutare gli italiani in questo momento difficile, di fronte a tante vite perdute. Ma l’opinione pubblica è concorde nel chiedere che ci siano controlli rigidi su come verranno spesi i soldi dell’Unione Europea. In generale, si può dire che i tedeschi sono generosi, ma non amano i furbetti».

L’Italia chiede regole morbide, i tedeschi sono d’accordo?

«Quando iniziai a muovere i primi passi qui, mi dissero subito: “Se vuoi raggiungere un obiettivo ben preciso, devi calarti nella mentalità tedesca e rispettare gli schemi”. Molti sono d’accordo con Angela Merkel: se l’Italia in passato ha aderito alle regole comunitarie, perché adesso vuole tirarsi indietro? C’è il timore che vengano violati i patti. Per i tedeschi l’economia ha un grande valore, viene prima di ogni altra cosa ed è alla base del buon funzionamento dello Stato. E perché l’economia prosperi, si pensa che il rispetto delle norme sia fondamentale. Oggi quella tedesca è un’economia forte, a dispetto delle difficoltà che ha subito, al pari degli altri Paesi».

C’è però un altro valore da tenere in conto e che è alla base dell’Unione Europea: la solidarietà. Quanto sono consapevoli di questo i tedeschi?

«A volte c’è un problema di scarsa informazione e bene ha fatto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nell’intervista alla Bild, a spiegare che l’Italia non vuole che siano altri a pagare i  suoi debiti, ma che l’Europa deve affrontare la crisi attuale in modo unitario. Non devono esistere Stati di serie A e Stati di serie B, se vogliamo portare avanti l’idea di un’Europa unita. È inutile restare in un sistema in cui il più forte non vuole aiutare il più debole».

Eppure, la Merkel continua ad essere contraria alla proposta italiana degli eurobond. Perché?

«Perché la Merkel ha il problema di dover mantenere in piedi una maggioranza che non è saldissima. Deve accontentare gli alleati per evitare il rischio di una crisi di governo. Per lei è l’ultimo mandato e deve tirare avanti il più a lungo possibile. Teme che la Cdu, il suo partito, possa perdere terreno alle elezioni e lasciare spazio a nuove formazioni politiche. Di contro, tante industrie premono affinché la Merkel aiuti l’Italia a riemergere, dato che una buona parte delle forniture arriva proprio dall’Italia. Ad esempio, già da un mese non arrivano più bulloni e marmitte per l’industria automobilistica».

Nel dopoguerra l’Europa è stata solidale con la Germania. È una circostanza che oggi viene ricordata nel Paese?

«No, non se ne parla. La guerra è una ferita solo per i più anziani, gli altri guardano al futuro. I giovani cercano amici in tutto il mondo. Il razzismo non c’è nella società e non c’è nemmeno nelle politiche statali. Se un cittadino non tedesco si iscrive all’ufficio di collocamento, lo Stato si impegna nel trovargli un posto di lavoro».

Die Welt ha scritto che in Italia la mafia sta aspettando i soldi europei. È ancora forte in Germania il pensiero che l’Italia sia solo mafia?

«La gente non lo pensa affatto. Die Welt è un giornale con un buon seguito, ma ce ne sono altri che apprezzano gli italiani. E la stessa cosa avviene per il mondo delle professioni. Non siamo negli anni del Dopoguerra, quando l’italiano aveva la necessità di trovare un posto di lavoro e spesso veniva maltrattato, come mi hanno raccontato qui in Germania. C’era nei tedeschi allora una sorta di sentimento avverso, pensavano di essere stati traditi dagli italiani. Adesso non è più così. Nei miei confronti c’è sempre stato massimo rispetto e oggi l’80 per cento dei miei clienti sono tedeschi che apprezzano il prodotto italiano».

Ed era così anche 18 anni fa, quando lei è arrivato?

«Sì. Nei primi anni mi hanno anche aiutato a imparare la lingua senza chiedermi niente in cambio. Ed è così anche adesso, qualche mio cliente si è offerto di finanziare il nostro ristorante in questo momento di paralisi. Qualcuno sarebbe disposto ad acquistare buoni da 20 e 50 euro da regalare ad amici e parenti. Io per ora lavoro solo con l’asporto e tanti lasciano 2 o 3 euro in più al momento di pagare».

E lo Stato come sta aiutando le imprese in crisi di liquidità?

«Per fare fronte a questa crisi sono stati stanziati tantissimi soldi, sicché oggi le aziende possono avere contributi a fondo perduto in proporzione al numero di persone occupate. Chi ha fino a 5 dipendenti può avere 9 mila euro, più se ne hanno e più si può ottenere. Ci vogliono solo due giorni, basta formulare una richiesta on line con i dati della sua attività. Poi l’autorità giudiziaria controlla se quanto scritto è vero».

È facile avere prestiti in Germania?

«Dalle banche non tanto. Colpa di qualcuno che in passato non ha restituito i soldi. Nei confronti dei piccoli imprenditori gli istituti di credito sono un po’ restii. Diverso è il caso in cui le aziende abbiano un fatturato tale da offrire una garanzia concreta alle banche. Ai lavoratori in regola invece i prestiti vengono concessi con grande facilità.  È un sistema creditizio efficiente e alle imprese chiede efficienza».

E per i lavoratori che restano a casa?

«Lo Stato sociale è molto forte. Chi perde il posto di lavoro viene garantito. Se ha moglie e figli, lo Stato copre fino al 67 per cento dello stipendio per un periodo di due anni e successivamente, se necessario, intervengono altri ammortizzatori sociali. Se invece non è sposato la copertura arriva al 60 per cento. Ma c’è una condizione fondamentale: il lavoratore deve essere registrato. Qui anche se impieghi una persona per 10 minuti, devi metterla in regola. Altrimenti, scattano sanzioni molto alte, fino a 50 mila euro, e soprattutto una consistente perdita di immagine nel tessuto sociale».

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