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Coronavirus, Trump: "Ci saranno molti morti ma dobbiamo riaprire il Paese"

«Nelle prossime settimane ci saranno molti morti. E’ una situazione incredibile, non si è mai vista una cosa simile»: è un Donald Trump lontano anni luce da quello che fino a pochi giorni fa minimizzava la portata della pandemia e parlava addirittura di riaprire il Paese entro Pasqua. Del resto gli ultimi numeri sono terribili, e la dicono lunga su come i contagi negli Usa corrano ad una velocità folle: oltre 300 mila adesso, e più di 8 mila le vittime, quasi 2.000 in meno di due giorni.

Ma il presidente americano non sembra voler cambiare atteggiamento sulla strategia da seguire. Altro che modello italiano o spagnolo, con una restrizione senza precedenti delle attività e delle libertà personali nel tentativo di sconfiggere il nemico invisibile. Il tycoon conferma un approccio quanto mai distante da quello dei Paesi che con gli Usa sono i più colpiti. Così, nella riunione di venerdì della task force della Casa Bianca, il tycoon ha gelato i suoi esperti, medici, scienziati, quelli da lui stesso incaricati di organizzare la risposta alla pandemia. E quelli che da giorni lo implorano di emanare un decreto che estenda la raccomandazione dello 'stay home', il restare a casa, a tutto il Paese. Perché solo così - tentano di spiegargli - si può frenare la crescita esponenziale dei contagi, di cui gli Usa hanno il triste primato nel mondo. Ma il presidente per ora è stato categorico: nessun ordine a livello nazionale, lascio liberi di decidere i governatori dei singoli Stati. Non c'è bisogno di fermare tutto e ovunque. Anzi, ha insistito, «dobbiamo pensare a tornare al lavoro, a riaprire il Paese».

Pazienza se i due superluminari del gruppo, il virologo Anthony Fauci e l’immunologa Deborah Birx, cerchino di convincerlo che una risposta a macchia di leopardo non può funzionare: «Non capisco perché ancora non diciamo a tutto il Paese di restare a casa, visto quello che sta succedendo in America», ha affermato Fauci in un’intervista tv. Frase che probabilmente gli è costata l’ennesima esclusione dal quotidiano briefing con la stampa. Così è toccato alla Birx (mai così apertamente, davanti ai giornalisti e alle telecamere) contrastare il messaggio del tycoon, insistendo su un approccio più aggressivo e nazionale: «Dalla curva dei contagi emerge che troppi americani non seguono le linee guida sul distanziamento sociale e sullo stare a casa. Mentre vediamo come in Italia e in Spagna cominciano a piegare quella curva».

La gente comune appare confusa. Da una parte gli esperti secondo cui misure solo in 41 Stati su 50 sevono a poco e niente, dall’altra un presidente che vede l’emergenza solo dove sono gli 'hot spot', i focolai, da New York a Chicago, dalla California alla Louisiana. E ancora, da una parte le autorità sanitarie federali che finalmente hanno avuto l’ok dalla Casa Bianca per raccomandare a tutta la popolazione di indossare le mascherine protettive; dall’altra però un presidente che candidamente afferma: «Non credo che io la userò. Non c'è alcun obbligo, è su base volontaria. Potete farlo, potete non farlo, è solo una raccomandazione». C'è poi il braccio di ferro con gli Stati, soprattutto con New York, che si conferma l’epicentro dell’epidemia negli Usa con oltre 113 mila casi e 3.600 morti, di cui oltre 630 in un giorno.

Il sindaco della Grande Mela Bill de Blasio chiede un intervento federale per inviare medici, personale ospedaliero e militari, mentre il governatore Andrew Cuomo accusa la Casa Bianca di non voler soddisfare la domanda di respiratori di cui il suo Stato ha disperatamente bisogno. Mille, ha annunciato Cuomo, arriveranno persino dalla Cina. Forse per questo il tycoon ha annunciato che finalmente il governo federale invierà anch’esso dei respiratori. Ma per Trump le scorte federali di attrezzature e medicinali devono essere solo l'ultima spiaggia: al fabbisogno devono pensarci i singoli Stati. E pazienza, attaccano i detrattori, se in ballo ci sono delle vite umane.

Intanto Cuomo ha ringraziato gli 85 mila volontari messisi a disposizione nella lotta al virus, aiutando gli ospedali o le persone più anziane e bisognose.

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