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Virus cinese, l'Oms dichiara l'emergenza sanitaria a livello globale

L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato il coronavirus «emergenza sanitaria globale». Lo ha reso noto il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

"La Cina - detto il direttore generale- ha preso straordinarie misure per fare fronte all’emergenza del virus 2019-nCoV, ha isolato il virus, lo ha sequenziato e ha condiviso i dati con tutti. Dobbiamo ringraziare tutti coloro che hanno lavorato ininterrottamente per tutto questo tempo". Per l’Oms, però, non è possibile immaginare quanto grande sarà questa emergenza e quindi bisogna essere preparati ad affrontarla. Da qui la decisione di dichiarare l’emergenza internazionale.

In un’ennesima giornata contrassegnata da nuovi contagi, vittime e paesi colpiti dal coronavirus, il direttore generale dell’Oms  ha convocato una riunione d’emergenza dei suoi esperti a Ginevra. In conferenza stampa, ha lodato «gli standard di risposta» della Cina all’epidemia, che hanno consentito finora di circoscrivere i casi all’estero a 98 in 18 paesi, e senza al momento fare vittime.

E tuttavia, ha aggiunto, Wsebbene questi numeri siano piccoli, dobbiamo agire insieme per limitare ulteriormente la diffusione del virus": così ha dichiarato "un’emergenza sanitaria globale". In Cina l’infezione è arrivata ovunque, toccando anche il Tibet. La maggior parte dei contagi resta concentrata nella provincia epicentro di Hubei ed quasi 1.400 persone sono gravi.

Sui loro profili ci sono ancora scarse informazioni. La rivista scientifica The Lancet, analizzando 99 ricoveri a Wuhan, ha rilevato che la quasi totalità sarebbe scaturita dalle esposizioni al pesce ed agli animali selvatici del mercato di Wuhan, mentre i primi casi di contagio uomo a uomo sono arrivati diversi giorni prima. La malattia sembra aggredire soprattutto anziani maschi con problemi medici precedenti. Gli esperti cinesi osservano che con adeguate misure di contenimento e prevenzione i contagi potrebbero calare, ma la priorità è trovare un vaccino: secondo i ricercatori cinesi, serviranno almeno 3 mesi.

Un laboratorio in California ha previsto i primi test tra giugno e luglio. Al lavoro anche russi e australiani. Il coronavirus nel frattempo è approdato in altri due paesi, l'India e le Filippine, portando ad oltre un centinaio i casi in 20 paesi. Negli Stati Uniti si è registrato il primo contagio uomo a uomo, di infezione contratta fuori alla Cina, come era già accaduto in Vietnam, Giappone e Germania.

Diverse compagnie aeree - dopo Lufthansa, British e Klm, anche Air France - hanno fermato i voli da e per la Cina. Per la seconda economia del mondo i contraccolpi sono durissimi, non solo sul fronte del turismo, perché anche i grandi colossi internazionali con basi nel paese corrono ai ripari. Google, Ikea, Starbucks and Tesla hanno chiuso i loro negozi o sospeso le operazioni e dopo Toyota anche la Bmw ha fermato tre stabilimenti e Volkswagen ha allungato le ferie dei dipendenti.

Il caos in Cina ha delle conseguenze anche sui rimpatri delle migliaia di stranieri bloccati a Wuhan, perché i singoli paesi attendono, in una sorta di coda, l’autorizzazione di Pechino a partire. Gruppi di americani e giapponesi sono già rientrati da
Wuhan, 200 francesi sono partiti, l’evacuazione dei britannici è stata posticipata di un giorno. Anche l’Italia, che aveva annunciato per oggi la partenza per Wuhan di un aereo per prendere una sessantina di connazionali, sta ancora trattando
l'autorizzazione con la Cina, ha reso noto la viceministra degli Esteri Marina Sereni. Al loro rientro saranno messi in quarantena, molto probabilmente in una struttura militare vicino Roma.

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