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Venti di guerra, l'Iran attacca basi americane in Iraq: militari italiani in salvo nei bunker

L'attacco dell'Iran

La reazione dell'Iran è arrivata. Partita l'operazione "Soleimani Martire" con cui è stato sferrato un attacco missilistico in Iraq contro due basi che ospitano le truppe americane e quelle della coalizione, tra cui militari italiani. Una pioggia di cruise e di missili balistici a corto raggio partita dal territorio iraniano e che si è abbattuta contro la base di al-Asad e contro quella di Erbil, come prima rappresaglia per l'uccisione del generale Qassem Soleimani da parte degli Usa.

Per qualche ora si è temuto il peggio, l'inizio di una vera e propria guerra in Medio Oriente dalle conseguenze inimmaginabili. Ma l'offensiva missilistica - una trentina i lanci - si è conclusa con pochi danni e nessuna vittima: tutti illesi. Nessuna conseguenza anche dopo il lancio di due razzi nella zona verde di Baghdad, dove si trova l'ambasciata Usa, questi provenienti probabilmente dalle postazioni dei gruppi filo-iraniani in Iraq. A testimonianza, comunque, di come la tensione resi alta.
Ma la linea rossa non è stata valicata, proprio come sperava l'inquilino della Casa Bianca che, tirando un sospiro di sollievo, ha escluso in questa fase ogni tipo di escalation. Per il momento nessuna rappresaglia militare Usa, insomma, con i 52 potenziali obiettivi da colpire in Iran che restano chiusi nel cassetto della scrivania dello Studio Ovale. E' arrivato solo l'annuncio di nuove sanzioni contro Teheran, fatto dal presidente americano parlando in diretta tv alla nazione. Anche se Trump ha ribadito come "tutte le opzioni restano sul tavolo", visto che da Teheran l'ayatollah Ali Khamanei e il presidente Hassan Rohani hanno parlato di "schiaffo agli Usa" continuando a lanciare nuove minacce: "Non è finita, taglieremo le gambe all'America", il loro monito, spiegando come l'obiettivo finale per Teheran sia quello di vedere gli Usa fuori dal Medio Oriente.
Ma l'operazione 'Soleimani Martire' lanciata con l'offensiva missilistica contro le basi Usa di Al-Asad e di Erbil sembra finora più un'azione dimostrativa e propagandistica che altro. Le agenzie di stampa iraniane continuano a parlare di decine di morti e delle distruzioni provocate dagli attacchi. E' apparsa chiara invece l'intenzione dei vertici della Repubblica Islamica di non versare per ora sangue americano e di non voler ulteriormente alimentare le tensioni. A tal fine avrebbero avvisato in anticipo degli attacchi, chiamando Baghdad che a sua volta ha avvertito il comando Usa. Il vero obiettivo della pioggia di missili della scorsa notte è stato piuttosto quello di placare l'ira della piazza per l'uccisione di Soleimani e quello di mettere in guardia gli Usa sulla capacità dell'Iran di colpire con durezza, se davvero lo volesse. Un avvertimento, insomma, e poco più.
Così le parole di Trump, che si è presentato davanti alle telecamere con alle spalle tutto il suo stato maggiore, lasciano intravedere scenari nuovi, addirittura un'ipotesi di disgelo tra gli Usa e lo "Stato canaglia" per eccellenza: "Siamo pronti alla pace", ha assicurato il presidente americano, sostenendo la necessità di "un nuovo accordo che faccia crescere e prosperare l'Iran". Da qui l'invito all'Europa, alla Russia e alla Cina di abbandonare definitivamente la storica intesa del 2015 sul programma nucleare iraniano, proprio come ha fatto da tempo l'amministrazione Trump. "Devono prendere atto che lo scenario è cambiato", ha detto il tycoon, che ha anche chiesto agli altri Paesi della Nato di essere più coinvolti nella regione mediorientale.
Intanto nelle ultime ore si rincorrono le voci su continui contatti tra Washington e Teheran attraverso il canale svizzero che assicura i contatti tra le due capitali. Si lavora sotto traccia per trovare una via di uscita alla crisi. Ma ancora una volta Trump ha dettato chiaramente le sue condizioni perché si possa tentare di riallacciare il dialogo e aprire una nuova stagione: l'Iran deve terminare il suo sostegno al terrorismo e rinunciare alle sue ambizioni nucleari. "Fino a che sarò io il presidente degli Stati Uniti - il suo messaggio - l'Iran non avrà mai l'arma atomica".

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