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Ultimatum dell'Iran sul nucleare: gli Usa pronti a schierare altri bombardieri in Medioriente

Gli Stati Uniti sono pronti a dispiegare più asset militari in Medio Oriente in risposta alle minacce dell’Iran. Lo riporta l’Associated Press citando alcuni funzionari americani, secondo i quali altri due bombardieri potrebbero essere schierati e si sta valutando anche lo spostamento di batterie di missili Patriot.

Nell’anniversario del ritiro unilaterale Usa dall’accordo del 2015, il presidente Hassan Rohani annuncia le condizioni di Teheran per mantenerlo in vita: se entro 60 giorni i restanti partner - gli altri membri del Consiglio di sicurezza Onu più Germania e Ue - non soddisferanno le sue richieste per contrastare gli effetti delle sanzioni americane in campo petrolifero e bancario, la Repubblica islamica si sentirà libera di riprendere il cammino verso l’arricchimento dell’uranio e sviluppare il reattore nucleare ad acqua pesante di Arak.

Un vero e proprio ultimatum, a cui Donald Trump replica varando nuove sanzioni. Misure che stavolta colpiscono l'industria dei metalli, la voce più importante dell’export di Teheran dopo il petrolio. Nel mirino dunque acciaio, alluminio, ferro, rame, un colpo durissimo per un’economia iraniana già in ginocchio. «Se la condotta di Teheran non cambierà sostanzialmente ci saranno ulteriori azioni», minaccia il presidente americano, che lancia l’ennesimo monito anche ai Paesi che continueranno a fare affari con Teheran: «Non sarà più tollerato». Ma da Trump sembra anche arrivare una timida apertura al dialogo: «Noi abbiamo posto 12 condizioni e spero in un incontro un giorno con i leader iraniani per raggiungere un accordo complessivo e dare al popolo iraniano il futuro che merita». Poche ore prima l’Iran aveva avvisato come «la finestra che è ora aperta per la diplomazia non lo rimarrà a lungo».

L’annuncio ha subito scatenato la reazione di Israele. «Non consentiremo all’Iran di avere armi atomiche», ha minacciato il premier Benyamin Netanyahu, mentre resta alta la tensione dopo l’invio verso il Golfo Persico di una flotta da guerra americana guidata dalla portaerei Abramo Lincoln e da una task force di cacciabombardieri B-52. Ma per il momento il segretario di Stato Mike Pompeo ha parlato di un annuncio «intenzionalmente ambiguo», spiegando che gli Usa «aspetteranno e osserveranno" gli effettivi comportamenti dell’Iran, non le minacce.

Per dimostrare che fa sul serio, Teheran smetterà da subito di vendere i suoi stock in eccesso di uranio arricchito e acqua pesante, superando così i limiti di riserve stabiliti dal Piano d’azione congiunto (Jcpoa). «L'accordo sul nucleare ha bisogno di un’operazione chirurgica e gli antidolorifici dell’ultimo anno non sono stati efficaci. Questa operazione serve per salvarlo, non per distruggerlo», ha spiegato Rohani. Tutt'altro che un abbandono del patto, ha assicurato. Ma per la Repubblica islamica gli effetti delle sanzioni sono diventati insostenibili, specie dopo la fine delle esenzioni ai grandi importatori del suo petrolio.

Il Paese è in recessione profonda, con un’inflazione quadruplicata e il rial ai minimi storici. «Dopo un anno di pazienza, l’Iran interrompe le misure che gli Usa hanno reso impossibile continuare. La nostra azione è nei termini previsti dal Jcpoa», ha spiegato il ministro degli Esteri Javad Zarif, citandone i paragrafi 26 e 36. «È il turno del resto del mondo di onorare gli impegni», ha avvisato quindi da Mosca, dove ha incassato il sostegno del suo omologo Serghei Lavrov. Quello degli Usa è stato un «comportamento irresponsabile», ha detto il capo della diplomazia russa, chiarendo che Mosca «si aspetta» che tutti «rispettino» gli impegni assunti, e «soprattutto gli europei».

Intanto, i due Paesi continueranno a cooperare nell’ampliamento della centrale nucleare di Bushehr e nello sviluppo del sito di arricchimento di Fordow in territorio iraniano. Con Teheran si è schierata anche la Cina, secondo cui il Jcpoa deve essere confermato e pienamente attuato e «tutte le parti coinvolte hanno la responsabilità perché questo accada».

Allarmata è stata invece la reazione delle cancellerie europee, vere destinatarie della richiesta di far muro contro Trump, visto che lo strumento finanziario anti-sanzioni lanciato oltre tre mesi fa da Francia, Germania e Gran Bretagna non è mai decollato. Le prime dichiarazioni sono un invito all’Iran a continuare a rispettare l’accordo «nella sua totalità», come ha precisato il portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel. La Germania chiede che si «eviti qualsiasi escalation», ha aggiunto il ministro degli Esteri Heiko Maas. Preoccupazioni sono state espresse anche da Londra e Parigi, che hanno assicurato però di voler restare parte di un accordo che anche l'Onu «spera fortemente possa essere preservato».

(ANSA)

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