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Migranti, il Papa in Bulgaria: "Non chiudere le porte a chi bussa ai nostri confini"

«A voi, che conoscete il dramma dell’emigrazione, mi permetto di suggerire di non chiudere gli occhi, non chiudere il cuore e non chiudere la mano - come è nella vostra tradizione - a chi bussa alle vostre porte». Lo ha detto papa Francesco nel suo discorso alle autorità e alla società civile bulgare, a Sofia, alla presenza del presidente della Repubblica Rumen Radev.

«Ora, in questo frangente storico, a trent'anni dalla fine del regime totalitario che ne imprigionava la libertà e le iniziative - ha sottolineato Francesco -, la Bulgaria si trova ad affrontare le conseguenze dell’emigrazione, avvenuta negli ultimi decenni, di più di due milioni di suoi concittadini alla ricerca di nuove opportunità di lavoro».

«Nel medesimo tempo la Bulgaria - come tanti altri Paesi del vecchio continente - deve fare i conti con quello che può essere considerato come un nuovo inverno: quello demografico, che è sceso come una cortina di gelo su tanta parte dell’Europa, conseguenza di una diminuzione di fiducia verso il futuro», ha proseguito.

Secondo il Pontefice, «il calo delle nascite, dunque, sommandosi all’intenso flusso migratorio, ha comportato lo spopolamento e l’abbandono di tanti villaggi e città. Inoltre, la Bulgaria si trova a confrontarsi con il fenomeno di coloro che cercano di fare ingresso all’interno dei suoi confini, per sfuggire a guerre e conflitti o alla miseria, e tentano di raggiungere in ogni modo le aree più ricche del continente europeo, per trovare nuove opportunità di esistenza o semplicemente un rifugio sicuro».

Rivolgendosi quindi al presidente Radev, il Papa ha aggiunto: «conosco l’impegno con cui i governanti di questo Paese, da anni, si sforzano di creare le condizioni affinché, soprattutto i giovani, non siano costretti a emigrare».

«Vorrei incoraggiarvi - ha concluso - a continuare su questa strada, a compiere ogni sforzo per promuovere condizioni favorevoli affinché i giovani possano investire le loro fresche energie e programmare il loro futuro personale e familiare, trovando in patria condizioni che permettano una vita degna».

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