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Mistero in Giappone, una barca con otto scheletri nordcoreani

TOKYO. Una barca con otto cadaveri a bordo, alcuni ormai ridotti a scheletri, tutti morti probabilmente per gli stenti. E’ solo l’ultimo macabro 'arrivò che infittisce il mistero delle barche nordcoreane arenatesi sulle coste del Giappone. L’ultimo vascello di legno è stato trovato stamattina nella prefettura di Akita: la polizia giapponese non ha diffuso dettagli sulle vittime, ma la dinamica della vicenda sembra seguire un copione già visto in passato, e che si ripresenta con una ciclicità inquietante.
Appena la settimana scorsa un altro battello è stato trovato ormeggiato a 70 chilometri dal luogo in cui è avvenuto il ritrovamento di oggi.

In quel caso otto pescatori di nazionalità nordcoreana avevano riferito di essere stati trascinati dalle correnti nelle acque territoriali giapponesi dopo un’avaria al motore. La stessa imbarcazione è poi scomparsa dal porto dove era stata ancorata. Forse affondata, mentre gli uomini sono ancora trattenuti dalle autorità locali.
Gli 'incidentì si sono ripetuti con frequenza, e sempre più numerosi sono stati i ritrovamenti di barche con delle scritte in alfabeto 'hagul' coreano, lasciate abbandonate lungo la costa a ovest dell’arcipelago, distante poco più di 1.000 chilometri dalla Corea del Nord.

Le sanzioni imposte dai governi occidentali per frenare il programma missilistico nucleare del regime di Pyongyang ed il cambio di registro della Cina, secondo gli osservatori, non lasciano altra scelta al dittatore Kim Jong-un che spronare le attività di pesca per sfamare la popolazione. Risale a meno di tre settimane fa la sessione plenaria del direttivo sui modi per far fronte alla stretta delle sanzioni internazionali 'ricorrendo al potere dell’autosufficienza e della scienza della tecnologià. Usando anche l’esercito. Del resto tra le prerogative dei militari - circa 1,2 milioni i soldati regolarmente arruolati - c'è anche la produzione di cibo, inclusa la pesca. Ciò spiega, o meglio spiegherebbe, le numerose imbarcazioni ritrovate nel corso degli anni: in alcuni casi le vittime avevano indosso tessuti e brandelli di abiti che potevano essere associati ai resti di uniformi militari. Ed è chiaro che i militari sono meno abili in mare rispetto a chi fa il pescatore di professione.

Risulta improbabile, invece, l’ipotesi di disertori: chi volesse tentare di fuggire potrebbe farlo attraverso il confine cinese o verso le acque adiacenti della Corea del Sud.
Fino a qualche anno fa - racconta chi è riuscito ad abbandonare la Corea del Nord - Pyongyang incentivava le attività in mare: i prodotti della pesca costituivano la principale merce di scambio con la Cina, e potevano essere barattati con valuta estera.

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