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Tra Usa e Russia scoppia la "guerra dei visti"

Mosca

E’ scoppiata le 'guerra dei vistì fra Stati Uniti e Russia. Washington, infatti, ha annunciato, attraverso la sua ambasciata a Mosca, che dal 23 agosto al primo settembre verrà sospesa l’emissione dei visti «turistici, d’affari, di lavoro o di studio» su tutto il territorio della Federazione Russa - categoria definita 'nonimmigrant'. Da settembre in poi i visti saranno trattati solo dalle sedi diplomatiche di Mosca: chi dunque deve sostenere un colloquio per ottenere il permesso di viaggio dovrà recarsi nella capitale, con i disagi del caso.

Il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ha risposto con rabbia all’annuncio, sostenendo che gli Usa così facendo vogliono «creare risentimento» tra la popolazione russa. L'ambasciata però sottolinea che la misura è stata presa in seguito alla decisione del Cremlino di espellere oltre 700 diplomatici americani - varata a sua volta per rispondere alle nuove sanzioni antirusse imposte dal Senato - e resterà in vigore «sino a che continueranno le restrizioni» al corpo diplomatico statunitense. Come dire: con una tale riduzione di personale non possiamo fare miracoli. I tre consolati di San Pietroburgo, Ekaterinburg e Vladivostok continueranno dunque a fornire assistenza ai cittadini Usa e a svolgere le pratiche d’immigrazione ma non emetteranno più gli altri tipi di visti, di gran lunga più comuni e richiesti.

Per Lavrov però la decisione è squisitamente politica. «Mosca - ha detto - presume che il servizio diplomatico americano, come quello russo, abbia rinomate tradizioni ed esperienza e che certamente abbia una base tecnologica sufficiente ad assicurare che le loro missioni oltreoceano funzionino in modo moderno». Il Cremlino, infatti, con il suo ordine d’espulsione - in vigore per l’appunto dal primo settembre - ha portato i diplomatici Usa a 455 unità, esattamente quanti ne ha Mosca in America fra ambasciata e consolati. Ecco perché Lavrov ha bollato la scelta di Washington come «poco rispettosa» nei confronti «del suo stesso servizio diplomatico». Insomma, se ci riesce la Russia a garantire il servizio visti con quei numeri, non si capisce perché non ce la possano fare i possenti Stati Uniti.

Frecciatine a parte, la ritorsione per la 'grande purgà dei diplomatici di luglio era nell’aria. Ora, di mossa in contromossa, si rischia una vera e propria escalation. Mosca ha già detto che «studierà attentamente» la questione ma non punirà i cittadini americani quando deciderà come reagire all’arrocco Usa. La battaglia, d’altra parte, ormai è anche d’immagine. L'ambasciata Usa a Mosca ha chiarito che sarà data priorità d’ora in poi - oltre che ai funzionari Onu e alle altre organizzazioni internazionali e bilaterali, come da accordi vigenti - ai casi di emergenza «familiare e medica».

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