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Gli spari libici, lo stop a Malta e poi in Sicilia: l'odissea di 3 migranti senza un porto

La nave della Ong spagnola Proactiva Open Arms

ROMA. Prima gli spari da parte di una motovedetta libica. Poi lo stop di oltre 40 ore vicino alle coste maltesi. Infine la rotta verso la Sicilia, dove però non viene fatta approdare. Sembra interminabile l’odissea della 'Golfo Azzurro', nave dell’ong spagnola Proactiva Open Arms, e dei tre migranti che si trovano a bordo, salvati domenica.

Sullo sfondo, questa volta, non la questione del codice di condotta per le Ong - che Proactiva ha firmato proprio stamani al Viminale - ma quello che appare un vero e proprio braccio di ferro tra Italia e Malta sulla competenza nei soccorsi. Per le autorità italiane non c'è dubbio: l’operazione è stata gestita dal Centro di coordinamento di Malta e dunque spetta alla Valletta indicare il porto di sbarco.

I fatti risalgono a domenica quando la nave Golfo Azzurro interviene per soccorrere tre persone, forse dei libici, che si trovavano in alto mare a bordo di una barchetta di pochi metri. In precedenza (ma la ricostruzione temporale è controversa), in direzione della Golfo azzurro che incrociava vicino alla Libia vengono esplosi dei colpi d’arma da fuoco da una motovedetta: "La guardia costiera libica, addestrata e finanziata dall’Unione europea, minaccia e spara», scrive la Ong in un tweet accompagnato da un video di venti secondi nel quale si vede un’imbarcazione di tipo militare, senza bandiera, a poca distanza da chi riprende. Sul ponte di coperta ci sono due persone e si sentono, in almeno due occasioni, colpi di arma da fuoco. La Marina libica conferma l’esplosione di «due colpi di avvertimento. Non hanno obbedito all’ordine di uscire dalle nostre acque territoriali». «Ne eravamo fuori», replica la Ong.

Tornando al soccorso dei tre migranti, questo avviene - secondo Proactiva - «a cento miglia dalla Libia» e «su indicazione della Guardia costiera di Roma». Presi a bordo i naufraghi, la Golfo Azzurro - sempre stando al racconto della Ong - chiede alle autorità italiane di poterli sbarcare a Lampedusa, ma l’autorizzazione viene negata. Questo perché, spiegano fonti italiane, l’intervento è avvenuto in acque internazionali ma di competenza di Malta per quanto riguarda l'attività di ricerca e soccorso. Ma le autorità maltesi, che la pensano all’opposto, non fanno entrare la nave nelle proprie acque territoriali, nemmeno per il rifornimento di carburante. Il risultato è che la nave rimane per un lunghissimo tempo ai margini delle acque territoriali maltesi: «da 48 ore attendiamo l'autorizzazione per sbarcare», ha scritto l’Ong in un tweet pubblicato a metà mattinata.

Poco dopo, non è chiaro su indicazione di chi, la 'Golfo Azzurro' lascia Malta e fa rotta verso la Sicilia. Sui sistemi che tracciano il traffico marittimo si nota una lunga linea retta, in direzione Pozzallo. A qualche miglio dalle acque territoriali italiane la nave però si ferma e vira verso sinistra. Sugli schermi si nota un’altra nave che l’avvicina e che è identificata come una motovedetta della Guardia costiera di Pozzallo. A questo punto la Golfo Azzurro prosegue la sua navigazione fuori dalle acque italiane: su e giù, sempre 'accompagnata' dall’unità della Guardia costiera.

In mattinata, i rappresentanti della Proactiva avevano firmato ufficialmente al Viminale il codice di condotta per le Ong, al quale già nei giorni scorsi avevano comunque detto di voler aderire. Il codice, tra gli altri punti, prevede che di norma sia la nave dei soccorritori a portare le persone salvate in un porto sicuro. Quindi, da questo punto di vista, nulla avrebbe impedito che la Golfo Azzurro si dirigesse direttamente a Lampedusa o a Pozzallo.

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