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Blitz in Cisgiordania, arrestati 25 capi di Hamas: alta tensione tra Israele e Palestina

Ansa

TEL AVIV. Blitz dell’esercito israeliano in Cisgiordania nella notte durante il quale sono stati arrestati 25 alti esponenti di Hamas, nel contesto di misure straordinarie adottate dopo le violenze degli ultimi giorni.

Fra gli arrestati, secondo fonti palestinesi, figurano un deputato e 5 miliziani di Hamas liberati anni fa da Israele nel contesto di uno scambio di prigionieri. Ieri il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha telefonato alla famiglia al-Abed di Kobar (Cisgiordania) per congratularsi con l’attentato condotto dal figlio che ha pugnalato a morte 3 civili israeliani ad Halamish.

Un razzo sparato stamane dalla striscia di Gaza verso il territorio israeliano è esploso in volo e non ha provocato vittime. Lo riferisce la radio militare.

Dopo le fiammate di violenza di ieri a Gerusalemme e in Cisgiordania, lo scontro fra israeliani e palestinesi non accenna a placarsi e rischia anzi di incendiare anche le prossime settimane. In serata un dimostrante palestinese è stato colpito da un proiettile al petto a morte durante disordini avvenuti a al-Azaryeh, alla periferia di Gerusalemme. Fonti palestinesi precisano che l'ucciso si chiamava Yussef Kashur e aveva 24 anni.

Anche ieri la polizia di Gerusalemme è rimasta mobilitata per impedire il ripetersi di manifestazioni di protesta. La giornata è trascorsa in una calma relativa, con strade deserte per uno sciopero generale del commercio proclamato da al-Fatah. In serata però sono ripresi gli scontri a Gerusalemme est: si contano anche una cinquantina di feriti, inclusi i contusi e gli intossicati da gas lacrimogeni.

Le preghiere islamiche non si sono svolte nella Spianata delle Moschee ma nelle strade adiacenti, in ossequio agli ordini del Muftì di Gerusalemme che ha vietato ai fedeli di entrare nel luogo sacro finché agli accessi resteranno i metal detector, installati da Israele per impedire nuovi atti di terrorismo dopo quello del 14 luglio scorso.

In questo clima avvelenato (in cui la questione dei metal detector appare di importanza secondaria, rispetto a quella principale della sovranità sulla Spianata delle Moschee) uno spiraglio si è aperto con l’intervista ad al Jazeera del coordinatore delle attività israeliane nei Territori, Yoav Mordechai. Il generale (che si esprime in arabo) ha mandato a dire ai vicini che Israele è pronto ad esaminare altri accorgimenti di sicurezza per la Spianata al posto dei metal detector, che lo Stato ebraico non intende alterare lo status quo nella Spianata e che anzi è pronto a prendere in considerazione il parere di Stati arabi amici.
Il suo intervento è in sintonia con la linea espressa giovedì sera in una critica riunione del Consiglio di difesa del governo dai responsabili dell’esercito e dello Shin Bet (la sicurezza interna), secondo i quali era possibile rinunciare ai metal detector. Parere bocciato dai ministri. Dietro le quinte, però, le forze armate insistono per una linea pragmatica. «Il nostro obiettivo strategico - ha spiegato un’alta fonte militare - è impedire una terza Intifada».

A Gerusalemme e in Cisgiordania intanto si notano ingenti dispiegamenti di forze di sicurezza. La caccia serrata agli attentatori potenziali corre anche sul web. «Si muovevano su Facebook» i tre diciottenni colpiti a morte dalla polizia venerdì a Gerusalemme. Così come il diciannovenne Omar al-Abed, che ieri ha massacrato una famiglia di israeliani nella loro casa nell’insediamento di Halamish (Ramallah). Prima di passare all’azione ha pubblicato un esplicito messaggio di addio alla famiglia che avrebbe dovuto allarmare le cyber-unità dell’esercito.

Ma in questi giorni, è stato spiegato, la mole di messaggi è tale che il testo non è stato intercettato. Sessanta minuti dopo, il terrorista era nell’appartamento di Halamish, dove avrebbe pugnalato a morte tre adulti, prima di essere ferito da un soldato di passaggio. In una stanza vicina una donna, con grande presenza di spirito, aveva chiuso in tutta fretta alcuni bambini che si sono così salvati. Ma dall’interno hanno egualmente sentito le urla disperate dei loro congiunti mentre venivano assassinati.

«Un vero massacro», ha esclamato sconvolto il ministro della Difesa Avigdor Lieberman, esigendo da Abu Mazen «che lo condanni in maniera inequivocabile». Ma il presidente dell’Anp ha annunciato la sospensione dei contatti con Israele finché non saranno annullati i provvedimenti recenti presi a Gerusalemme e nella Moschea al-Aqsa. Fra Gerusalemme e Ramallah resta per ora il grande gelo.

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