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Inchiesta sulle mail della Clinton, polemiche sull'Fbi

James Comey, direttore dell'Fbi

WASHINGTON. La decisione del direttore dell'Fbi James Comey di rendere nota la nuova inchiesta sulle email collegate a Hillary Clinton ha infranto una prassi seguita anche la scorsa estate, quando il dipartimento di giustizia e lo stesso Fbi concordarono di non rivelare altre due inchieste, una sulla fondazione Clinton e un'altra sull'allora presidente della campagna di Donald Trump per non interferire nelle elezioni. Lo scrive il Nyt citando fonti investigative. È la prima volta che trapela l'indagine dell'Fbi sulla fondazione Clinton.

L'Fbi ha difeso la propria decisione di pubblicare ad una settimana dalle presidenziali le carte di una vecchia inchiesta - archiviata - sulla controversa grazia concessa da Bill Clinton nel 2001 ad un finanziere amico, Marc Rich, scappato in Svizzera per sfuggire alle accuse di evasione fiscale.

Il Federal bureau of investigation precisa che riceve ogni anno migliaia di richieste in base al Freedom of information act (Foia) che sono processate sulla base dell'ordine di arrivo. «Per legge, i materiali Foia che sono stati richiesti tre o quattro volte sono postati elettronicamente nella sala di lettura pubblica dell'Fbi poco dopo che sono processati», spiega l'agenzia.

«Per procedura standard, questi materiali diventano disponibili per la diffusione e sono postati automaticamente ed elettronicamente nella sala di lettura pubblica dell'Fbi nel rispetto della legge e delle procedure stabilite», aggiunge l'Fbi per fugare i sospetti di una tempistica ad orologeria.

In agosto, secondo il Nyt, l'Fbi era alle prese con la decisione di emettere o meno un mandato di comparizione nell'inchiesta sulla Fondazione Clinton, un'indagine - precisa il giornale - che non non aveva sviluppato molte elementi probatori ed era basata in gran parte su informazioni emerse sulla stampa e sul libro «Clinton Cash», secondo diversi dirigenti delle forze dell'ordine contattati dal quotidiano e informati della vicenda.

Il libro sostiene che entità straniere diedero soldi all'ex presidente Bill Clinton e alla sua Fondazione, ricevendo in cambio favori dal dipartimento di Stato quando Hillary era segretario di stato. Accuse non nuove, rilanciate anche da Trump, e che la candidata democratica ha sempre fermamente respinto.

Sempre nello stesso mese, dopo le rivelazioni del Nyt, l'Fbi stava indagando sull'ex capo della campagna elettorale di Trump, Paul Manafort, e sui suoi rapporti con alcuni politici ucraini, tra cui l'ex presidente filorusso Viktor Ianukovich, di cui fu consulente per una decina d'anni dal 2005, e con uomini d'affari russi come Oleg Deripaska, un oligarca alleato di Vladimir Putin.

Manafort ha difeso la correttezza della propria attività e ha negato l'esistenza di un'indagine dell'Fbi su di lui. Il dipartimento di giustizia e dirigenti dell'Fbi, secondo il Nty, decisero di tenere aperte entrambe le inchieste ma di congelarle e di non rivelarle per non compromettere il processo elettorale, anche se poi quella su Manafort è trapelata.

Una decisione che avrebbe fatto infuriare alcuni investigatori, convinti che i loro dirigenti li stavano tenendo a freno a causa della politica. Quando sono spuntate le nuove email legate alla Clinton nelle indagini (per sexting con una minorenne) su Anthony D. Weiner, l'ex marito di Huma Abedin, il braccio destro della candidata, Comey - secondo il Nyt - potrebbe aver deciso semplicemente di non seguire più la prassi del silenzio elettorale, nella certezza che vi sarebbero state fughe di notizie e che lui avrebbe potuto essere accusato dal Congresso di tener nascoste informazioni.

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